domenica 31 luglio 2016

Mauri Mari:
In questi giorni ho letto un tuo intervento da qualche parte, dove dici che continuiamo a proporre degli scritti per "esibire" le nostre capacità, con la speranza che queste ci vengano riconosciute, con conseguente raggiungimento di successi (successo di cosa poi, mah).
Credo che tutto ciò sia vero, e che, almeno parzialmente, anch'io sia stato toccato da questa pericolosa smania.
Una malattia vera e propria che minaccia l'autenticità di ogni scritto
(per non parlare poi dell'epidemia dei concorsi).
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* Epitteto Eubulide:
C'è poi chi licenzia un suo testo col copyright, quasi fosse un'opera eccelsa dell'umanità.
Ma chi vuoi che se la fili...
Un narcisismo insopportabile.
di Piero Partiti

La peggior cosa che può capitare a uno che scrive poesia, è proprio quella di dire a se stesso: "ora scrivo una poesia". Come se si potesse comandare quel delicato filo che lega il poeta alla poesia, capovolgere l'essenza stessa della poesia. Ah, mettetevelo in testa una volta per tutti. Il poeta non scrive poesia, ma è la poesia ad usare il poeta per essere scritta. Ah, be', non tutti capiranno questo. Lo so. Non ci si mette a tavolino a scrivere, che so, "L'infinito", misurando sillabe, ritmo, cercando le parole giuste... Si è sovrastati dalle parole che arrivano... si abbandona la mente e si segue l'irrazionale puro, si lasciano le immagini farsi parola... si, proprio così: parola. Ma quanti poetucoli da concorso della "Sagra del maialino" sanno, santo cielo, la radice, l'etimologia, il significato della parola poesia? Ecco, non vedo molte mani alzate, appunto... anche perché, chi lo conosce il greco antico in questo tempo di condivisione sui social? (Per cortesia, non consultate wikipedia....). "Poieis" cioè creazione, cioè creare. Ovvero parlare con la lingua di Dio. Niente di più, ma anche niente di meno. "En archè epoiesen 'o Theos ton ouranon kaj ten gen"... In principio Dio creò il cielo e la terra... epoiesen... (scusate la traslitterazione non troppo accurata....). Pretendo molto? Si. Pretendo di riportare la poesia alla sua funzione essenziale: la creazione. E di essere forse, l'unico modo possibile, di spiegare, cercare almeno di farlo, il dolore. Ovvero la poesia come unico modo per giungere all'infinito, all'essenza delle cose. Quindi, poetucoli del "volemose bene", vedete di cambiar mestiere. A ben poca cosa servite, se non a uccidere la poesia. L'infinito è cosa seria. E se è esistito, se esiste un Dio che ha creato tutto, ebbene, il suo è stato un atto di poesia.

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EPITTETO: sembra il mio alter ego...

sabato 30 luglio 2016

PENSIERI IN LIBERTA'
di Epitteto

Per me il racconto e il romanzo sono dilatazioni mentali che finiscono per perdersi nel mare della fantasia.
La poesia invece è un pensiero stringato che si appoggia a pochi concetti ben selezionati.
Definisce il carattere dell'Autore come riservato e conciso.
Psicologicamente rivela molto più del lettino dello psicoterapeuta, senza nemmeno che il poeta abbia ad avvedersene.
Nel contempo è anche un grido di soccorso che denuncia " io non sono quello che vedete, io sono altro dalle qualità " nascoste e ammirevoli. "
La Poesia è una navicella lanciata nello spazio, un messaggio in bottiglia nel mare dell'umanità, che forse qualcuno un giorno leggera' domandandosi " chi mai era costui? ".
Raccogliere in silloge è un raccogliere pezzi di sé stesso sparsi nel tempo, un modo di non perire per sempre nel tempo.

venerdì 29 luglio 2016

Io sono di sinistra
di Bruno Amore

È da millenni messo lì a sinistra
tutto il male dell'anima e del mondo
così il diavolo, il fato malvagio, l'ira
le disgrazie, tutte le infermità del corpo
e del cervello, quasi ci fosse uno scopo
per spaccare in due l'uomo e l'universo.
Ci hanno compreso chi non ha le ali
esser di sinistra è stato fatto volgare
lo “erano” braccianti, servi e manovali
ignari del valore dell'oro e dei salari.
Fecero la sinistra i più degli operai
fu lotta per qualche libertà, come gli orari
e quelli che stavano a dritta a biasimare
capacità e ingegno accreditando mai
col dire “non ci fosse il ricco lo vedrai
cosa porterai a casa da mangiare”.
Stenta a morire questa idea del firmamento
che a destra stia l'eccelso a sinistra il patimento
se ricco sei, Dio t'avrà amato se povero, dannato.
Eppure sta a sinistra il più nobile degli organi
pompa la vita col sangue su pe'l corpo intero
l'anima, di colore rosso come le nostre bandiere.
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Epitteto:
Destra, Sinistra, Centro: terminologie sbrigative che
ci accompagnano fin dall'Unità d'Italia.
Forse oggigiorno politicamente hanno perso il sapore conservatore o progressista del passato.
Per diventare solo luogo di rissa a difesa di privilegi acquisiti o da acquisire.
Le caste da una parte, il popolo dall'altra.
Io da tempo sono in attesa dei benemeriti forconi, ma nella convinzione che dopo il repulisti tutto tornerà come prima: ladroni e sfruttati.
L'io narrante si schiera senza dubbio tutto da una parte, a significazione di lotte e conquiste acquisite o da fare.
Ma io invito a ben ponderare la cosa.
Cioè a non correre dietro a bandiere di facciata che sventolano presunti ideali.
Perchè chi le agita ti manda a morire, mentre lui se la dorme tra due guanciali in attesa del vincitore del conflitto col quale invariabilmente andrà ad affiancarsi.
Intanto la classe ricca e potente sognerebbe di risolvere il problema della povertà ammazzando tutti i poveri.
Ma se ne astiene perchè poi non ci sarebbe più chi lavorerebbe per lei.
Se poi vogliamo scivolare nella religione, altra classe di sfaccendati arricchiti, c'è una corrente calvinista protestante ( attiva soprattutto negli U.S.A. ) che ritiene le ricchezze un segno della benevolenza di Dio. I poveri, perchè se la sono proprio andata a cercare...
Lo dice anche il quart'ultimo verso del testo in lettura.
Barabba.
Per gli amanti della cabala.
Il numero 17 porta sfortuna.
Perchè in latino 17 si scriveva con XVII, che anagrammando dava < VIXI >, cioè son vissuto, son morto...
Cose iettatorie del passato, è inutile toccare ferro: siamo nell'era della scienza avanzata!
Barabba.
NUMERAGE
by Epitteto

Simona Morini inquadra Numerage, citando Galton e Pearson, Neurath e Anceschi mostra come sia possibile mentire dicendo la verità
Riuscite a contare fino al 100?
Il progetto Numerage, dichiara il suo autore, è una provocazione. Sul suo sito, Adriano Attus vi invita a contare fino a 100 seguendo una colorata folla di numeri di diverso carattere e dimensione, ritagliati dai giornali e disposti in vivaci collages che sfidano non poche regole della percezione visiva. È un bel modo di far riflettere su quel che i numeri svelano o nascondono. Io ci ho impiegato quattro minuti a contare fino a 18 e poi, ovviamente, ho lasciato perdere. Se poi provate a immaginarli a occhi chiusi, i primi cento numeri, come invitava a fare Francis Galton, pioniere della statistica, scoprirete se appartenete al 50% che li immagina allineati lungo una retta orizzontale o all’altra metà di persone che se li figura disposti a scala, in figure geometriche, a nastro attorcigliato, in bianco e nero o a colori vivaci, su sfondo chiaro o scuro, luminoso o opaco.
Anche al di là delle questioni percettive, i numeri appaiono ad alcuni affascinanti ad altri incolori. C’era un tempo molto lontano (nell’antica Persia, per esempio, o nelle corti rinascimentali) in cui gli uomini seducevano le loro amanti ponendo loro complicati problemi matematici. Oggi, nella fantasia dei più, i numeri appaiono «aridi e freddi». Con l’avvento della statistica nell’Ottocento, infatti, hanno cominciato ad essere associati con i «fatti». Da Carl Pearson, che amava tagliar corto nelle discussioni astratte con un «statistics on the table, please»(versione pragmatic del leibniziano «calculemus») fino all’attuale abitudine di corredare buona parte delle informazioni nella stampa con la loro «evidenza» numerica, i «dati» sono diventati la nostra principale chiave di lettura del mondo. Da infografico e giornalista, Attus è tuttavia consapevole del fatto che trasporre i numeri in diagrammi e immagini non equivale a «fotografare», ma a «dipingere» la realtà, cioè a interpretarla. Come osservava Otto Neurath già nel secolo scorso, «tramutare la scienza in immagini è spesso un compito difficile e non è affare né dello scienziato né del grafico», ma di una «terza competenza» che, con Giovanni Anceschi, potremmo chiamare «il trasformatore» (infografico e giornalista, appunto). Ecco allora che le «provocazioni» di Attus riportano l’attenzione sul legame tra scienza e arte, sulla capacità dei numeri, nelle mani dei «trasformatori», di svelare la realtà o di occultarla, di dire la verità o di mentire. Meglio ancora: di mentire dicendo la verità. I numeri tornano a stupirci, insomma, o forse a inquietarci.

giovedì 28 luglio 2016

ADDIO MIEI VERDI PASCOLI
***di Pietro ZURLO***

Addio miei verdi pascoli
che un dì senza cavezza
io pascolavo libero,
provando tanta ebbrezza.

Oh, come tutto vola…
me lo rammento ancora
qual fior di gioventù
ce steva ’ncuollo a mme!.
Mo’ basta ’e fa nu passo,
pe ’scunucchià int’e ccosce;
mi sento un pesce lesso
e m’attanaglia ’angoscia.
Addio di ciglia i battiti
che mi facean sognare,
le labbra rosso porpora
da suggere e baciare.
E mo, chi ’e vasa cchiù
stimusse curalline…
tant’uòcchiebelle e fine
nun songochiù pe’ mme?
Oh! Come tutto pende
da questo vecchio corpo!
Pellecchie’a tutt’e pparte
io vedo penzolar!
Penzateche ’a matina,
pe’mme ’nfilà ’o cazòne,
pare’na ballarina
em’aggia mantenè.
Oh anni miei fulgenti
voi eravate un faro
per navi e bastimenti:
mo’chi me guarda cchiù?
Ma infine mi imbelletto,
mi lavo i denti finti
e coi capelli tinti
vorrei poter uscir.
Ma devo superare
la visita ’e muglierma
ca guarda ’a sotta e ’a coppa,
apprimma’e me fa’ ascì.
Tant’è che quacche vvota
ca mme vo’ fa’ cagnà;
nce dico: aggio pazziato…
Marì Nun jesco cchiù!!!
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* Epitteto:
Una miscellanea di vernacolo e di italiano.
Da impazzire letterariamente.
Mica è facile farsi prendere da due linguaggi contemporaneamente sotto la spinta della spontaneità e delle regole.
In questa lirica si avverte la naturalezza dei discorso, che si dipana or nell'una or nell'altra forma.
Anche il messaggio volge dal tono esaltato sul passato a quello dimesso e sconfortato del presente.
Una condizione psicofisica che si colora dal melanconico al compiaciuto.
In genere l'eroe di un tempo si ritira a scrivere le proprie memorie, convinto dell'unicità dell'esperienza vissuta.
Qui don Pietro fissa stupito la diversità dei due stati di vita in sì breve lasso di tempo.
Forse il suo grido è di sorpresa, perchè giunto alla discesa impreparato alla dura realtà della senescenza.
Non ci ha ancora fatto il callo: < le labbra rosse porpora da suggere e baciare > sono ora pane per altri denti sani e forti...
Animo tuttavia, c'è il sergente di ferro ( ... la muglierina ) che ci passa in rivista e se non si è a posto ci mette in consegna.
Spontaneità, sogni e realtà, le cifre che caratterizzano la proposta in lettura.
La chiusa quasi un sigillo di protesta.
Complimenti.
Barabba.
D'estate
di Gianna Curtò

Dovrei tornare là , sulle colline,
presto le spighe saranno alte,
potrei riascoltare il fruscio
della paglia sull’aia
e mentre il vento la pula disperde
rubare il profumo del grano.

Lassù, così vicina al cielo,
potrei chiedere a Dio,
a gran voce,
di rendere meno pesante
la mia croce
Ritroverei intatta la speranza .
In quel prato assolato
le ciliegie pendevano dai rami ,
l’aria era satura di gioia
ed io , appena sbocciata alla vita,
sognavo il mio futuro.
Ora quel futuro…è già passato.
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* Epitteto:
Picasso: periodo blu, rosa, africano, cubista...
Curtò: gioia, dedizione, sconforto, ribellione...
Quest'ultimo periodo il più autentico, non di maniera.
E si sente: l'ispirazione genuina pervade il tutto, donando liricità.
Certamente perchè alla fine canta la condizione dell'intera umanità, prima blandita e poi punita con le avversità.
E allora cosa di più liberatorio dell'ultimo assalto al Cielo, in un urlo di disperazione, di vana speranza, rabbia, protesta?
E' questa la sorte ultima assegnataci dall'Uno, una promessa di sogni non mantenuta?
Sì, ragazza mia.
Non siamo altro che barattoli vuoti presi a calci dal Patrigno che ci osserva.
Forse a suo svago e divertimento.
In attesa della conclusion dell'opra.
Poesia struggente e nel contempo ariosa.
Barabba.
Coi piedi nudi, doloranti
di Bruno Amore

Coi piedi doloranti
scendo a prudenti passi
nei ricordi lontani ricorrenti
per cercare in reconditi anfratti
segni di quello che m'ha portato qui.
Temo di saperlo ma lo nego
non lo riconosco non so quale pigliare
perché tante sono le grinze
che l'anima m'increspano
e non tutte si lasciano lisciare.
Ho paura di quel che potrei trovare
questa è in fondo la storia
sapere se fu o non fu virtuoso
quando, perché e a quale bivio
presi questo sentiero irto tortuoso
e al chiaro di quale lume sparuto
ché son ferito ai piedi dai suoi sassi
trovandomi scontento del vissuto.

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Epitteto:
Forma, sintassi, interpunzione da rivedere.
Ma il contenuto è chiaro.
Non potremo mai sapere le ragioni delle nostre scelte, se casuali o per libero arbitrio.
Il fatto si è che a mio sommesso parere siamo semplicemente oggetto di determinismo, in quanto il nostro destino è già prestabilito.
Ma al fondo della questione, penso che nessuno sia contento del proprio sentiero: anzi i più fortunati saranno alla fine i più disperati, quando chiamati a rendere l'ultimo respiro.
Ed ora parlo per me, che pure una certa buona sorte mi ha arriso: la chiamata finale porrà fine a tutte le incertezze e domande parassite che m'hanno torturato per la vita intera.
Finalmente sereno e di certo beato.
Proposta questa dalla lettura barbosa per i giovani e meditativa per i vecchi...
Barabba.
E NU LIBRO
***di Pietro ZURLO***

Vulesse tanto scrivere nu libro
addò mettesse ’e suònne e tanta cose;
mille parole scevete e sfiziòse
pe ffà chillo ca legge addecrià.

E descrivesse ’o cielo, ’o sole, ’o mare
e ‘e ccose belle che aggio avuto ’a Dio;
dicesse comme è fatto ’o paraviso,
addò mannasse tutt’e puverielle;
chille ca ‘nterra nn’’hanno maje sorriso,
che hanno stentato ‘a vita pe’ campà.
E descrivesse ’o ’nfierno chino ’e fuoco,
e nce mannasse tutt’e trastulante;
tutt’e fetiente e tanta governante
ca p’’e putente songo state a ’o juoco.
E chi liggesse doppo ’o libbro mio,
pe’ scrupolo ’e cuscienza o chi sa ch’è,
chi è buono me dicesse ’e schiatta in pace
e ’o malamente...meglio a nun penzà!!!
************************************
Epitteto Eubulide:
Ognuno di noi vorrebbe scrivere un libro di memorie e denuncia
col quale annoiare il prossimo.
Don Zurlo ci prova con la fantasia.
Ma a giudicare dalle intenzioni, dovrebbe essere un tomo enorme, infinito: perchè ci vuol ficcare dentro tutta l'umanità e il Cielo, con quel che ne consegue...
Dante ci ebbe a provare, ma dopo tre cantiche si arrese.
Una sola preoccupazione.
Che le cose non siano invertite Lassu: i puverielle all' 'infierno e i fetente in paraviso...
Chè allora ci sarebbe da schiattare!
Bravissimo.
Barabba.
Napule nzùonne
di Domenico Coppola

M' àggie sùnnate Napule
je' ncòppe 'a carruzzèlla
attùorne vòce 'e pòpule
rummùre è bancarelle.

Napule mbrùgliuncèlla
ammùjna è vòtta vòtta
tre càrte 'e campanelle
è nà bùsta c'ò paccòtto.
Napule ch''e mestiere
mpagliasèggie è panettìere
p''e strade mìlle addòre
sfùgliatèlle è tàzze 'e bròre.
Napule milionaria
nà schedina all'enalotto
speranzòsa è visionaria
nà quìntina ò bancolotte.
Napule vòce 'e notte
canzùncelle appassiùnate
feste trìcchitràcche è bòtte
tanta gènte nmiez''e strade.
Napule 'a Marechiàre
ch''e bàgnante ntèrr 'a rena
saluta è chìagne nù marenare
è ò piscatòre sònne 'a sirena.
Napule puverèlla
pànne spàse è vascètìelle
cùrtine chìene 'e crìaturèlle
sarzùlella ch''e cutenèlle.
Mè sò scètate 'a Napule:
sèmpe 'a stèssa menèsta
chiànte è lamjente 'e pòpule,
p'à gènte disonesta.
***************************************
*Epitteto:
Io quella Napoli lì la ricordo con affetto.
L'ho visitata per la prima volta subito dopo la guerra: una città che stentava a risollevarsi, ma con tanta voglia di fare.
Frotte di bambinelli scalzi e senza mutandine per le strade.
Ma bella, bella, bella da morire.
Stasera mio figlio torna da Ischia-Capri-Napoli e mi porterà olive, capperi e mozzarelle veraci.
Con i suoi occhi e le sue parole nelle e-mail anch'io ci son tornato: il suo entusiasmo è anche il mio.
La lirica.
Non sono d'accordo sull'ultima quartina.
I disonesti sono ovunque e da sempre.
Qualche anno fa un napoletano autentico mi ha portato in taxi dalla Calabria fino a casa mia, qui al nord , per una malattia contratta in vacanza.
E' stata una notte di viaggio indimenticabile ad ascoltarlo.
Una cosa mi restò impressa.
Mi disse < noi a Napoli il lavoro ce lo dobbiamo inventare >!
Popolazione ricca di inventiva e dalla parlata salace, nota in tutto il mondo.
Il suo vernacolo al tempo era parlato correntemente alla corte degli zar, al pari del francese, come una sciccheria.
La proposta in lettura è limpida nel linguaggio, scorrevole e per di più in metrica: bella tutta!
Molto bravo.
Barabba.

mercoledì 27 luglio 2016

CU STU CAURO…MAMMA MA’!!!!!
***di Ropite RUZOL***

Ll’uòcchie toje songo brillante
meglio assaje ’e doje diamante;
chella vocca è ’na cerasa
troppo doce è quanno vasa.

E nne gode ’o muscariello (1)
isso ’o ssente frisco e bbello;
chillu pietto po’ attesato
mmita p’èssere maniato.
Chella panza toja allisciata
fa fa’ a ttutte una penzata;
e si scenno ancora sotto
ll’aurora veco ’e notte.
Ma saglienno ancora ’a coppa
m’allicordo ’e chelli scelle;
ma che ttiene ’e murtecielle
tanto fetene ’a murì?
Ca pe’ sta a tte vicino
mo’ sto rint’e Pellerine; (2)
stongo ccà già ’a na jurnata
cu ll’ossigeno a sciatà.
Figlia mia, ma chilli pile
tu pe’ fforza lle ’a taglià;
tiene ’o fieto, ’e nu purcile!
Cu stu cauro…mamma mà!!!!!
***
1)-Muscariello=uomo dal naso fino, giovane azzimato.
2)-Pellerine= Ospedale di Napoli.
**************************
Epitteto Eubulide:
Certo che il mondo va ad una sola marcia...
Queste povere donne le vogliamo depilate e lisce come odalische, profumate come un mazzolino di fiori, in forma al punto giusto.
Tanto da eccitare la fantasia del maschio, spingendolo all'accoppiamento per ragioni erotiche e generazionali.
Lui, invece, ha da essere villoso, pettoruto, con un filo di barba urticante, dall'afrore mascolino...
Ai miei tempi, quando tante finezze non c'erano, lei era baffuta, irsuta, ruspante, acqua e sapone, al profumo intenso di violette da far per forza girare la testa ai passanti.
Chissà invece come sono odoranti le signore d'oltre Manica e d'oltralpe senza il bidet!
Comunque da noi c'è il mare sulle tre sponde che vede e provvede...
Simpatica scenetta in lettura, questa di don Pietro.
Fra Salimbene
TUONI E FULMINI.

Le tre < G >.
Non c'entra il punto G...
Ai miei tempi imperversavano le tre < G >: gonorrea, gotta, gioco.
Naturalmente la seconda e la terza solo per i ricchi.
La prima anche per i poveri ( in Francia < la goccia del buon mattino > ), sconfitta poi dagli antibiotici.
I ricchi e la gotta erano Titì e Marena, oggi confinata anch'essa grazie alla dieta diversificata.
Il gioco, l'unica < G > rimasta < in gioco >.
Cito il lotto, definito dal primo ministro Giuseppe Zanardelli ( 1901 ) il < gioco degli imbecilli >.
Il casinò, frequentato assiduamente da De Sica fino a restare sempre al verde, dal re Faruq, ecc.
Nel dopoguerra la SISAL, il cui 12 nazional-popolare fece sognare le generazioni dell'epoca, comunque con emozioni sane, da soli o in gruppo.
Ai giorni nostri i giochi più svariati hanno invaso il Paese, dai gratta e vinci al poker telematico.
Un fatturato di 82 miliardi all'anno tra il legale e l'illegale.
Tali giochi sono diventati delle droghe liberalizzate, una passiva dipendenza che travolge soprattutto i non abbienti.
I ludopatici si giocano la pensione, i risparmi, si vendono persino le fedi, si suicidano.
Con uno Stato che assiste imbelle, anzi corrivo e correo, alla devastazione delle famiglie.
Barabba.
Coriandoli
di Gianna Curtò

Se fossi molto coraggiosa
ridurrei in coriandoli
il mio atto di nascita
e quello di residenza,
i contratti e quei certificati
che rendono i rapporti umani
così complicati.

Metterei in una valigia
i miei sogni
e questi miei coriandoli.
Mascherata da donna
coraggiosa,
sicura ed indipendente
me ne andrei per il mondo.
Salirei sul grattacielo più alto
per lanciare nel vuoto
i miei coriandoli, colorati e belli.
Pezzettini di una vita
che molte volte,
col pensiero,
ho ridotto in brandelli.
**********************************
* Epitteto:
Forse tutti noi abbiamo uno sdoppiamento della personalità che di tanto in tanto fa capolino.
Un disturbo dissociativo di gravità variabile.
La mia adorata Santippe muta parere ad ogni piè sospinto.
Letterariamente anche gran parte degli Autori mostrano ambivalenze psichiatriche: altrimenti non scriverebbero nemmeno...
Ad esempio io, con rabbia per taluni, amo nascondermi dietro nick di fantasia, per lo più calandomi in personaggi classici o inesistenti.
Con una sadica soddisfazione nel non rivelarmi.
In questo momento, mentre scrivo, una bella ventenne dal cervello spostato sta chiamando a raccolta tutti i gatti randagi del vicinato, modulando la voce in cantilena: invece di andare a farsi una bella scopata...
La nostra Gianna, oggi ( e mi sembra la seconda volta ), sembra aver dato un calcio a tutta la sua ferrea volontà, per volare con la fantasia verso lidi lontani di libertà.
Un mio amico al tempo, poi rivelatosi un bugiardo in pectore et de facto, di fronte alle continue avversità per un figlio dodicenne affetto da mucoviscidosi incurabile esclamò < Adesso metto la testa sotto l'ascella e non voglio sapere più niente! >.
Una reazione normale, sbottare ad un certo punto.
Sogni e coriandoli, dice la bella lirica.
E con strofe semplici, chiare, accattivanti.
Un esempio di come si possa fare della buona poesia spiegando il proprio pensiero ed emozioni represse con un linguaggio alla portata di tutti.
Barabba.

lunedì 25 luglio 2016

Mattazione
***di Epitteto Eubulide***
***
Affastellar di legna,
sul foco gran pignatte;
fermento intorno regna,
sen van le donne ratte

in casa e giù nell’aia.
E’ giunto il sior norcino
armato fino ai denti.
Accolto in suo cammino
da rispettosi accenti,
s’infila in porcilaia.
Lo strido belluino,
poi fiotti dalle vene,
sul tavolo il suino
raschiato vien per bene:
buon Dio, oh quanta grazia!
S’allegra il contadino
pel pane assicurato.
Pur là ristà un bambino
che muto e raggelato
a tale vista strazia.
LAMPI E TUONI.
di Epitteto

Le religioni.
Le religioni anzichè volgersi all'essenza del divino si coprono di esternazioni ( dogmi, credenze, superstizioni, storielle su Dio, ecc. ) creando teologie, idoli, ma non parlando dell'anima metafisica.
Ecco allora crearsi la distinzione tra credenti di sola fede e non credenti che demistificano, questi ultimi di certo più degni d'attenzione rivolgendosi direttamente a Dio.
Allora chi sono io?
Un credente agnostico, sciolto da quelle religioni che legano per opprimere le masse a proprio vantaggio, che dividono anzichè unire.
Sono uno che lotta per la libertà di coscienza in superbo ateismo che guarda all'Assoluto, non credente religioso ma pensiero- ragione essenza di spirito .
Un orrore per il cristianesimo di facciata, che si è vendicato in passato coi roghi, bruciando grandi mistici come Giordano Bruno e Margherita Porete: e lo farebbe ancora se lo potesse.
Quindi in colloquio con me stesso e poi con Dio.
Meister Eckart scriveva: < Chi vuole penetrare nel fondo di Dio, deve prima penetrare nel fondo di se stesso, in ciò che ha di più intimo.
Perchè nessuno può conoscere Dio, se prima non conosce se stesso >.
E s. Giovanni della Croce: < Dalla conoscenza di se stessi nasce la conoscenza di Dio >.
Infine Henry Le Saux: < Chi non incontra se stesso non potrà mai incontrare Dio >.
Barabba.
LAMPI E TUONI.


LAMPI E TUONI
di Epitteto

I buchi...
Secondo taluni specializzati in bellezza femminile, le gambe delle donne per essere perfette devono rispondere alla seguente legge dei tre buchi: quando unite, uno tra le cosce ed il ginocchio, uno tra il ginocchio ed i polpacci, uno tra i polpacci ed i malleoli.
Secondo me, inoltre, la seduzione passa anche attraverso caviglie snelle e sottili ( lo so, sono troppo pretenzioso... ).
Quanto sopra, a riduzione delle diatribe religiose...
Barabba.














































  Calzoncini corti
***di Epitteto Eubulide***

Il verno duro ed aspro
stendea la bianca coltre
su orti, campi e oltre,
in un calar silente.


I figli del contado
in gruppi di monelli
tiravano tondelli
di neve sulla gente.

Igloo a man scoperte,
pupazzi, su slittini,
bei giochi di bambini
coi calzoncini corti.

La sera alfin gli addii:
scaldati dal camino,
geloni color vino,
poi a letto, stanchi morti.

di Pietro Zurlo 

A COSA SERVE LA METRICA?
La METRICA è tutto quanto riguarda la versificazione quindi: il verso, il ritmo, la rima, gli accenti, le forme dei componimenti poetici ecc. Ci sono varie forme di metrica: classica, moderna, barbara, novecentesca. Perché è importante studiare la metrica? Perché l'aspetto formale è una parte essenziale della poesia che è data dalla fusione fra "ciò che si dice" e "come lo si dice", cioè fra contenuto e forma. Per cogliere a pieno il valore e il "messaggio" profondo di un testo poetico è necessario conoscere le norme che governano i suoi elementi. La metrica italiana è sillabico-accentuativa cioè, a differenza di quella latina che è quantitativa, si basa su sillabe e accenti. La sillaba è la minima unità fonetica, costituita generalmente da una vocale (o gruppo vocalico) unita ad una o più consonanti. Ad una sillaba corrisponde un'unica emissione di fiato. L'accento dipende dalla minor o maggior intensità con cui si pronuncia una sillaba, per cui si possono avere sillabe toniche e atone. L'alternarsi di sillabe toniche e atone dà luogo al ritmo. Il metro è il modello, «la norma entro la quale il ritmo si realizza», che deve essere conosciuto dal poeta per comporre e da l lettore per decodificare la struttura della poesia. Il verso è «l'unità di base della scansione del discorso in versi, e più precisamente […] l'unità minima che può teoricamente costituire da sola un discorso in versi compiuto». (Bertrami P., Gli strumenti della poesia, Il Mulino, Universale Paperbacks, Bologna 1996, p. 19). Nella poesia tradizionale il verso è «un segmento di discorso organizzato secondo determinate regole», quindi il poeta si è uniformato ad un modello; nella poesia novecentesca, per lo scardinamento delle regole, si ha una versificazione libera, cioè non dipendente da un modello. La strofa è un gruppo di versi variamente ordinati e di lunghezza variabile. È necessaria un'ultima premessa sulle forme metriche. Esistono FORME REGOLATE, con una struttura fissa, regolata da norme, ma con un certo margine di libertà all'autore (es.: canzone petrarchesca, madrigale, strambotto, endecasillabo sciolto); FORME FISSE, con una struttura rigida, molto vincolante (ad es.: sonetto, terzina dantesca) e FORME LIBERE, dove prevale l'aspetto di libertà del poeta (discorso di endecasillabo e settenari, canzone libera usata da Leopardi, polimetria). Più in generale risulta chiara almeno una distinzione: FORME LIRICHE e FORME DISCORSIVE. Le prime sono quelle usate per la poesia lirica (componimenti brevi) le seconde sono quelle usate dalla poesia epica, narrativa (componimenti lunghi)
APPUNTI DI METRICA
La metrica è molto importante, perché è alla base della musicalità che caratterizza il verso e che distingue la poesia dalla prosa.
Le "regole" della metrica, che poi non sono regole, ma semplici leggi naturali, sono poche e relativamente facili da imparare.
Il difficile è riuscire a conciliare la forma, cioè un bel ritmo, una bella musicalità, magari abbellita anche dalla rima, con il contenuto, cioè un testo ricco di ispirazione, di immagini, di felice scelta delle parole.
Ma questa è materia che non si può insegnare: poeti si nasce (raramente), oppure si diventa, leggendo i grandi (quelli veri!) e provando, provando e ... riprovando, nel senso di avere anche il coraggio di buttare via quello che non è bello e non è all'altezza delle cose migliori di cui siamo capaci.
Meglio riuscire a fare pochi, piccoli gioielli (al nostro livello, si capisce), piuttosto che fare quintali di "versi", che poi versi non sono e sicuramente non lasceranno il segno!N. B. - Nelle schede sulla metrica userò, per quanto possibile, un linguaggio semplice, spiegando diffusamente anche cose note; questo perché l'eventuale lettore interessato o incuriosito possa seguire il discorso anche se è digiuno di metrica e tutt' altro che fresco di studi. Mi scuso perciò in partenza con chi troverà questi appunti banali e scontati. D'altra parte nella mia vita ho tratto quasi sempre motivi di interesse o almeno di riflessione, molto più nelle banalità esposte con chiarezza, che nei discorsi paludati e dotti, fatti per impressionare, ma spesso anche per nascondere, sotto fitte cortine di fumo, superficialità, ignoranza o, quanto meno, incapacità di comunicare.

domenica 24 luglio 2016


Scienza

Immagini mozzafiato di Giove in attesa che entri in orbita la sonda Juno

Attualità Nòva24 Tech

Ancora pochi giorni e la sonda Juno della Nasa, con a bordo anche 2 importanti strumenti scientifici italiani, arriverà finalmente in orbita attorno al pianeta Giove. La sonda studierà il pianeta per un intero anno fornendoci informazioni che gli studiosi reputano fondamentali anche per la conoscenza della Terra, il pianeta in cui viviamo. Arriverà il 5 mattina alle 5.35 ora italiana e sarà il momento più difficile e pericoloso dell’intera missione.
Giove infatti è un pianeta gigantesco e molto pericoloso, è il quinto del Sistema Solare ed è il più grande. Nonostante sia composto principalmente di gas la sua massa è 318 volte quella terrestre, cioè ben due volte e mezzo quelle di tutti gli altri pianeti messi insieme e il suo volume è così grande che potrebbe contenere 1.300 volte la nostra Terra. La sua forza di gravità, inoltre, è tale che un uomo di 70 Kg su Giove ne peserebbe 185.
Non solo, ma nei pressi del pianeta, dove entrerà la sonda Juno, che orbiterà ad una distanza di 5000 chilometri circa dalla superficie gassosa, l’emissione di particelle, i campi di radiazione e magnetici sono talmente forti che potrebbero distruggere le apparecchiature elettroniche della sonda.
Tanto è reale il pericolo che il motto scelto da Nasa per la missione, e ripetuto nel trailer video della missione degno di un colossal Hollywoodiano, è “Prendiamo i dati e scappiamo via”.
Se l’elettronica non friggerà, il termine è tecnico ma suggestivo, per il vortice di particelle e radiazioni Juno ha una missione importantissima da compiere: capire come è fatto Giove studiandolo da vicino. Lo conosciamo già, in particolare grazie al satellite Galileo che ha volato da quelle parti anni fa, ma oggi la strumentazione è più raffinata e specifica e la distanza, pericolosa ripetiamo, tale da permettere la raccolta dati come mai prima di ora.
Il cuore di Juno, un computer molto efficiente, è blindato in una sorta di caveau da film di James Bond del peso al decollo di ben 172 chili per permettere la massima sicurezza e schermatura. Il tutto durerà poco più di un anno, con 26 orbite da 2 settimane e poi la sonda si lascerà cadere nel mare gassoso del grande pianeta
Juno studierà in quest’anno la composizione chimica e misurerà il campo gravitazionale, intensissimo, e quello magnetico, altrettanto importante. Il pianeta dei record non si smentisce neppure nella rotazione, nonostante le enormi dimensioni, 140.000 chilometri circa di diametro contro i 13,000 scarsi scarsi della Terra, ruota in solo 10 ore e presenta di conseguenza venti atmosferici fortissimi, fino a 600 chilometri all’ora.
L’importanza della missione su Giove per la comprensione del nostro pianeta, la Terra, sta nel fatto che quello – secondo gli studiosi – è stato il primo a formarsi, molto prima del nostro, che comunque è assai più piccolo e solido. Anzi, uno degli enigmi che Juno dovrà risolvere è se Giove abbia o meno un nucleo solido o quanto meno formato da gas molto denso nello stato di plasma.
Lo strumento principe su Juno, che ricordiamo non è un acronimo ma il nome inglese di Giunone, la sposa di Giove nella mitologia, è lo spettrometro JIRAM, Jovian InfraRed Auroral Mapper, principalmente per la determinazione del campo magnetico e della chimica superficale di Giove.
Lo strumento è finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e realizzato da Leonardo-Finmeccanica a Campi Bisenzio, sotto la responsabilità scientifica di Alberto Adriani dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali, IAPS/Inaf. Ma vola assieme a questo un secondo strumento italiano, KaT, Ka-Band Translator, realizzato da Thales Alenia Space, con il supporto del team scientifico dell’Università di Roma “La Sapienza”. Con questo si cercherà di capire come è fatto il pianeta al suo interno.
Come quasi tutte le sonde Nasa anche Juno è stata guidata nella sua complessa orbita da uno Star Trekker, un piccolo sistema che rileva la posizione delle stelle, come facevano i marinai nei secoli scorsi prima del GPS, e fornisce la direzione da seguire. Il sensore sviluppato da Leonardo Finmeccanica è ormai leader incontrastato in questo campo e ha guidato con precisione Juno lungo i tre miliardi di chilometri necessari per arrivare fin dove è ora, 5 anni di viaggio sono tanti ma la precisone raggiunta è millimetrica.

Scienza

Ossa a base di staminali e alghe

Il bio-inchiostro per stampante 3D ha creato strutture ossee tridimensionali da impiantare



diMarco Passarello
I ricercatori dell’Università di Bristol hanno sviluppato un bio-inchiostro di nuova concezione a base di cellule staminali, che potrebbe venire usato per la stampa 3D di tessuti complessi per impianti chirurgici. Lo descrive un articolo pubblicato su Advanced Healthcare Materials.
“Progettare il nuovo bio-inchiostro è stato estremamente difficoltoso” – ha dichiarato il dottor Adam Perriman, della Scuola di Medicina cellulare e molecolare dell’università -. Serviva un materiale che fosse stampabile, abbastanza forte da mantenere la sua forma se immerso in una soluzione nutriente, e che non fosse dannoso per le cellule. Siamo riusciti a ottenerlo, ma per azzeccare la formula finale sono stati necessari molti tentativi ed errori. Il risultato finale è un liquido che si trasforma in gel a 37°C, e che si può estrudere usando una stampante 3D commerciale modificata, cosa che ci ha permesso la costruzione di complesse architetture tridimensionali viventi”.
La formula contiene, oltre alle cellule staminali, due componenti polimeriche: una sostanza sintetica, normalmente usata nell’industria medica, che fa sì che l’inchiostro solidifichi quando la temperatura si alza; e una naturale, estratta dalle alghe, che fornisce invece il supporto strutturale quando il tessuto stampato viene immerso nella soluzione nutriente.
I ricercatori hanno provocato la differenziazione delle cellule staminali in osteoblasti (cellule del tessuto osseo) e condrociti (che vanno invece a costituire la cartilagine). Nel giro di cinque settimane sono riusciti a costruire varie strutture tridimensionali, incluso un anello tracheale a grandezza naturale.
“La cosa che ci ha veramente stupito” – ha spiegato Perriman – è che, quando abbiamo introdotto la soluzione nutriente per le cellule, il polimero sintetico è stato completamente espulso dalle strutture, lasciando solo le cellule staminali e il polimero naturale estratto dalle alghe. Ciò ha creato nella struttura microscopici pori, che miglioravano l’accesso delle cellule al nutrimento”.
Una volta perfezionata, questa tecnica permetterà di usare le cellule staminali di un paziente per stampare strutture ossee o di cartilagine da impiantare nel suo corpo, per esempio nella chirurgia del ginocchio o dell’anca.

sabato 23 luglio 2016


POESIE di Maurizio:

Che importa?
Il vero Poeta prorompe da un'intera raccolta oppure anche da un solo verso.
Maurizio ormai non ha bisogno di presentazioni.
Non avrebbe bisogno neppure di commenti, perchè la sua poetica si commenta da sola, al solo leggerla.
Forse sono stato un fortunato ad incontrarlo letterariamente fin dagli esordi.
Qualche lirica qua e là, poi una raccolta ( < Buttiamola in poesia >, Montedit editore ), poi l'incursione anche nella prosa.
Devo confessare che il primo impatto è stato tremendo.
Un cultore fanatico del classico a tu per tu con un contemporaneo senza forme e senza metrica.
Ohibò, un confronto all'ultimo sangue...
Poi, poco alla volta, la metabolizzazione e l'interiorizzazione.
Maurizio senza schemi strutturali, talora semanticamente irridente, sintatticamente decostruito, ma con tanta tanta affinità di pensiero.
La vita come tragedia, bugiarda, irriconoscente, disperante.
Dopo le prime promesse, traditrice dei suoi stessi figli.
Fino all'annientamento annunciato.
Un leitmotiv quello del nostro Autore, ossessionante.
Ma per non morire dentro del tutto, ecco la ciambella di salvataggio dell'ironia, della satira persino.
Perchè dar ragione alla tirannia dell'esistenza cieca e bara?
La si demonizza allora con la sottigliezza del sarcasmo, recuperando un certo vantaggio.
Fino a sentirsi in qualche modo rinfrancati, pur avvolti dalla penosa sensazione di esiti senza sbocchi.
Bravissimo.
Siddharta

UNA BREVE TREGUA
di Teresa Frasca 

Ricordi antichi
e pensieri presenti
come crepe sui muri
e cocci di vita.
Andare via, fuggire lontano,
nascondersi, ma dove?
Rutilano nel buio
saette di luce
increspando
i marosi notturni.
Oscure presenze s’incarnano
cercando ghermire
i sensi vigili.
Morfeo  emerge spumoso,
come sempre,
con le sue onde silenti
annienta e sradica
ogni stringente appiglio
nell’oblio della vita.
Una breve tregua.

**********************
EPITTETO:
No, non è possibile sfuggire al presente ed al proprio passato.
Quest'ultimo è quello che ci tormenta di più perchè senza speranze e vie d'uscita.
Prima di addormentarci una ridda di incubi s'appressano alla memoria, mentre con tutte le forze cerchiamo di allontanarli.
A volte non ci basta nemmeno una camomilla.
Perchè ti agiti, sussurra spesso la mia adorata Santippe sul punto di addormentarsi.
Ma nemmeno Morfeo sovente è da meno: sogni terrei e ricorrenti la fanno da padrone.
E un poco mi adiro: perchè, dicono i neurocognitivi, tutto si gioca nel cervello, in un piccolo spazio prefrontale, tra milardi di neuroni e sinapsi agitati...
E per fortuna che i nostri sogni non sono per niente premonitori, come sovente nella Bibbia e nei poemi omerici...
Una breve tregua, canta la nostra Teresa.
Ma forse non è così, veglia e sonno in continua agitazione.
La poetica in lettura è perentoria: non possiamo fuggire e quand'anco dove?
Lo stile è quello tipico della nostra Autrice, un modernismo verniciato di saggezza esistenziale.
Molto bene, Siddharta.
LE PIROETTE DEL CUORE
di Teresa Frasca

Quando il cuore entra in inverno,
non patisce più l’inferno.
Quando il cuore,
più non vive l’umano amore,
non più conosce alcun dolore.
Il cuore, così congelando,
ogni sentimento in lui
va congedando.
Di ogni lusinga,
il cuore guardingo diffida
e della solitudine,
sua vera amica, solo si fida.
Immune, ormai, da ogni sorte di dolore,
piroetta i suoi pensieri
nei ricordi delle trascorse ore.
Non più ansia o affanno arrecano al suo cuore
perché, così infreddolito,
non si accorge che, man mano,
sempre più si è intirizzito.
Il cuore, con gran sorpresa,
si ritrova, allora, rinsecchito
e si domanda come potè,
un giorno, esser così arricchito.
In gioventù,
sogni ed illusioni
la facevan da padroni;
nella vecchiaia, che sfrontata avanza,
la realtà e la razionalità,
la fan da predoni.
I sentimenti,
sotto l’influsso
di questa anestesia,
percorrono
l’unica possibile corsia.
Il cuore, ritrovata così
la sua leggerezza,
ritorna a vivere

con più saggezza.

*********************
EPITTETO:
Scherzo poetico di tipo mnemonico.
Dove amore viaggia alla grande con cuore, dolore e molto altro ancora.
Dopo tanto ermetismo si ritorna all'abc comunicativo.
Una sorta di rivalsa, quasi a dire che l'animo umano non è poi così complicato...
Il cuore non più pompa corporea ma sede antica di sentimenti autentici.
Più che allo stile riduttivo, baderei al messaggio di fraternità universale.
SIDDHARTA
LONTANA VISIONE
di Teresa Frasca

In ginocchio,
col mio spirito
ai Tuoi piedi,
le braccia
verso Te alzerò e,
con tutto
il mio ardente amore,
piangendo di gioia,
il Nome Tuo soave,
invocherò.

S’illuminerà lo sguardo Tuo
ed un ampio sorriso
sulle Tue labbra sante,
sfolgorerà.
Lentamente,
con tutta la Tua
regale Maestà,
su me, piccola creatura,
Ti chinerai e, sollevandomi,
al Tuo Cuore
mi stringerai.
Le mie braccia piccine,
il collo Ti cingeranno
e di baci d’amore e
gratitudine ricolmi,
il Tuo Volto,
sì lungamente ricercato,
ricoprirò, mentre,
il cuore saturo
d’incontenibile gioia, impazzirà.
Non rimarrà soverchiata,
l’anima mia
rifatta bambina, ma,
dolcemente cullata, si assopirà,
per la potenza del miracolo
dell’eterno Tuo Amore, per me.
***************************
EPITTETO:
Qui siamo di fronte non ad una poesia, ma ad un atto di fede della più dell'acqua.
Una visione d'insieme a simiglianza dei mistici d'ogni credo e latitudine.
Talmente assoluti costoro da affrontare impavidi anche il martirio.
Naturalmente da agnostico secolarizzato non posso non richiamarmi alla scienza biologica che vi vede un'alterazione neuronale del cervello prefrontale, ove si giocherebbe tutto il trascendente.
Di mio aggiungo che di quello che davvero ne conosciamo non sono altro che ombre cinesi.
Capita poi, come in questo caso, che l'immaginario venga in soccorso dell'operatore spirituale a sua tranquillità, donandogli una parvenza di significato reale sotto forma di sacro e religioso.
Come ho già detto altrove, provo una sorte di ammirazione e invidia a cotanta convinzione a fronte della mia perenne incredulità e insoddisfazione interiore.
Molto brava, Siddharta.
Epitteto Eubulide TUTTA COLPA DI MORFEO
di Rita Iacomino

Non arriva il sonno stanotte
e parlo da sola, ripetutamente,
pensando al mare.
Deserte le spiagge dove cerco colpe
dentro un infinito cerchio.

Forse non è più il momento dei fiori
e del vento che scompiglia i capelli,
ma sono dentro uno strano labirinto
dove lo specchio respinge le immagini.
Cerco l’uscita,
voglio l’aria che ruba i respiri
e polvere di sabbia
che si alza dalla riva.
Mi ascolto in silenzio
e pulsa la nostalgia,
la mia mente passa e ripassa
carezze mancate e baci rimasti in sospeso.
Lentamente si spegne la malinconia,
lascia il suo posto alla speranza
e finalmente raggiungo Morfeo.
**************************
EPITTETO:
E' una di quelle notti, comune a molti, dove all'insonnia si accompagnano pensieri, ansie, rammarichi, ripromesse e tanto altro.
Poi di botto affiorano qua e là versi spontanei in successione o scomposti, assillanti e permalosi: tanto da farci temere di dimenticarli, costringendoci ad alzarci e fermarli sulla carta.
Sono momenti magici nei quali le suggestioni sembrano affollarsi e premere con ansia.
Una volta provveduto, ecco lo spirto rilassarsi ed il sonno sopraggiungere quietamente.
La lirica in lettura racchiude tutto questo, in semplicità d'esposizione e vividezza d'immagini.
Dal segno linguistico ove grafica e suoni riempiono di significante la partitura letteraria.
E su tutto il richiamo alla bellezza dei luoghi, dove il mare delle radici gioca un impatto emotivo ammaliante.
Bravissima come sempre, Pigmalione.

Tecnologia

Chi siamo dentro Google?

 È vero che Google conserva le registrazioni delle ricerche vocali sul sito? Dove si trovano i nostri dati. E quali inforazioni vengono conservate nei server di Moutain View. Una guida rapida con qualche link per controllare chi siamo dentro Big G.


diBiagio Simonetta

Qualche settimana fa, uno studio sull’utilizzo di Internet titolava – in modo un po’ provocatorio – che il medico personale di ognuno di noi è Google. Il concetto da far passare era quello relativo alle ricerche online. È ormai abitudine, infatti, chiedere qualsiasi cosa al motore di Big G. Per questo, tante volte nella vita, ci siamo chiesti cosa conosce Google di noi, e quali dati conserva.
In questi mesi, inoltre, la diffusione della domotica sta esplodendo. Google ha da poco presentato i suoi nuovi assistenti personali, che rispondono alle nostre domande vocali. Sono le famose “Ok Google”.
È dunque utile sapere che se avete mai condotto una ricerca “vocale-based” o fatto una domanda dicendo “Ok Google”, una registrazione della vostra voce è stata probabilmente memorizzata nella cronologia dell’account Google. È quindi possibile trovare e riascoltare queste registrazioni accedendo https://history.google.com/history/audio e fare clic sul pulsante play accanto alla clip che si desidera ascoltare.
Questo perché per impostazione predefinita, Google mantiene una storia dettagliata della vostra interazione con il suo motore di ricerca e altri servizi quando si collegati al proprio account. Un altro esempio è quello relativo alla localizzazione. Se Google ha accesso alle impostazioni di localizzazione del device, memorizza la cronologia delle posizioni. E questa è visualizzabile su una mappa che si può vedere quando si è connessi al proprio account.
Secondo le motivazioni ufficiali di Big G, queste cronologie vengono conservate da Google per rendere i servizi di previsione più accurati, adattando suggerimenti (e pubblicità) in base a interessi e posizione.
Google, dunque, tiene traccia di ciò che cerchiamo e dei nostri movimenti. Tuttavia, è possibile modificare le impostazioni del proprio account che di default memorizzano tutto. Vediamo come: dopo essersi loggati al proprio account Google, si va all’indirizzo https://www.google.com/settings/accounthistory e da qui è possibile regolare il tutto. Si possono eliminare la cronologia di ricerca e navigazione, le informazioni contenute sui dispositivi mobili (come i contatti e gli eventi del calendario che utilizzano Google Apps), le registrazioni di ricerca vocale, la cronologia delle posizioni, e le ricerche e le attività di visualizzazione su YouTube. Un settaggio che, neanche a dirlo, la stragrande maggioranza degli utenti non effettuerà mai.

Il video della presentazione di Ostriche a Mezzogiorno il 9 luglio u.s a San Vito Chietino. Buona visione :-)
https://www.youtube.com/watch?v=ZJvon2Nn6SY

Ostriche a mezzogiorno, silloge di Rita Iacomino, presentata il 9 luglio 2016 a San Vito Chietino (Abruzzo) paese natale dell'autrice, al Teatro Due…
youtube.com
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Epitteto Eubulide
Epitteto Eubulide:
La nostra Rita è invero da ammirare.
Per la scelta del trend di vita.
Voi forse sareste portati a pensare che quanto si condensa in pochi minuti di video sia una cosa semplice e facile.
Ma non è così.
Mesi di preparazione ( non penso di sbagliare ), di dubbi, attese, prove, modifiche, ecc. si intuiscono dietro l'iniziativa.
Oltre all'impegno economico.
In queste cose bisogna crederci fermamente, o viene un pasticciaccio o addirittura non se ne fa niente!
Farsi largo poi con merito nella marea poetica dell'oggi, dilagante e sommersiva, è una bella impresa.
In un tempo in cui i poeti stessi non leggono nemmeno più i poeti, presi come sono a recitarsi addosso.
Ho un solo rammarico: che la nostra Amica possa essere ormai prigioniera del copyright e sia impossibilitata a deliziarci come in passato con proposte fuori testo.
Per consentirci, da semplici amanuensi del social, a commentare di volta in volta in piena libertà di pensiero.
Con ammirazione, Epitteto.