Cosa succederà quando saremo morti? O meglio, cosa succederà alla miriade di messaggi, comunicazioni, pensieri che abbiamo affidato alla rete, sui social media, su Whatsapp, Messenger o iMessage? L’aldilà digitale impegna già le aziende, come dimostra l’iniziativa di Facebook per permettere di inserire nel proprio profilo l’erede dei nostri dati in caso di morte (https://www.facebook.com/help/991335594313139/?helpref=hc_fnav), ed è già al centro di un business di diverse startup come Remember Me (https://www.remember-me.co/), che offre la possibilità di registrare messaggi, video o suoni per raggiungere parenti ed amici post mortem, o Loggacy (https://www.loggacy.com), un vero e proprio social network strutturato in vista della vita virtuale successiva al trapasso. Ma quasi tutte si basano su una partecipazione attiva di chi pensa al futuro e vuole preservare per gli altri memoria di sé. L’idea di Eugenia Kuyda, cofondatrice e amministratore delegato di Luka, società specializzata in chatbot, ovvero software che simulano il dialogo di un essere umano, ha pensato di utilizzare la tecnologia per creare un alter ego del suo amico Roman Mazurenko, morto prematuramente: inserendo tutti i messaggi che il ragazzo ha scambiato con lei ed i suoi amici, ha cercato di ricrearne la personalità, mediante un bot che risponde a domande di qualsiasi tipo possibilmente utilizzando le stesse parole usate da Roman in vita o creando frasi ad hoc che cercano di rispettarne lo spirito.
Naturalmente, come riporta The Verge, che ha raccontato questa storia, l’esperimento è stato accolto con sentimenti contrastanti da parenti e amici del defunto: c’è chi si è rifiutato di fornire i propri messaggi, ritenendo che il rispetto per la scomparsa di Roman dovesse far desistere Eugenia dall’iniziativa, chi invece ha contribuito e utilizza il fantasma digitale di Roman per elaborare il lutto. Non soltanto i conoscenti del defunto, ma chiunque può provare a interagire con quel che resta delle sue parole scaricando la app Luka su iOS e Android, anche se probabilmente, non sapendo chi fosse, si avrà l’impressione che l’interazione non funzioni del tutto: a domande generiche spesso replica con frasi sensate da cui traspare una certa personalità, mentre domande specifiche solo talvolta rendono una risposta soddisfacente. Al di là della riuscita dell’esperimento, quel che è interessante è la prospettiva di medio periodo: col progressivo miglioramento dell’intelligenza artificiale non è difficile ipotizzare un giorno l’esistenza di servizi che, scandagliando ogni traccia digitale lasciata volontariamente o involontariamente da chi è trapassato, saranno in grado di creare una convincente replica di ogni essere umano a beneficio dei posteri, garantendone l’immortalità immateriale, un po’ come accadeva nella serie tv del 1987 Max Headroom (https://www.youtube.com/watch?v=cYdpOjletnc). In fondo è quello che promette la startup Eterni Me (http://eterni.me/), attualmente in “private beta”: creare un avatar che possa rimpiazzare la nostra presenza fisica. Per sempre.