sabato 7 gennaio 2017

Giocare con la matematica: il teorema di Pitagora
di Giacomo Colosio

Il fatto arcinoto che la vita del grande filosofo- matematico sia avvolta da mistero, mi dà la possibilità di fantasticare anche sul suo famoso teorema, quello che riguarda i triangoli rettangoli; credo di poter affermare che sia il più diffuso fra tutti i teoremi sulla terra, conosciuto ad ogni latitudine e da popoli di lingue le più diverse.
Ora, ci sono diversi modi di spiegare questo teorema, e quello che piace a me, di mia invenzione, è avvolto da una favola che io racconto ai ragazzi delle scuole medie, ma non solo.
Che sia una storia vera o meno, è poco importante, anzi irrilevante.
Lo scrittore Pontiggia, nelle sue lezioni magistrali sulla scrittura creativa, dedica una intera lezione al fatto che il narratore non è obbligato a descrivere un sogno reale, o un fatto che per forza di cose deve essere accaduto, anzi. Il sogno descritto deve funzionare nella storia narrata, e deve stupire il lettore, scuoterlo, tenerlo sveglio e vigile, interessato, partecipe, attore lui stesso e non succube di pseudo verità rivelate da uno scribacchino.
E allora ecco la mia spiegazione-gioco del teorema.
L'ipotesi è che il triangolo sia rettangolo.
Noi questa ipotesi nemmeno la chiameremo in questo modo, ma la faremo diventar una necessità di Pitagora, perché il ragazzo che ascolta si chiede sempre: ma cos'è questa ipotesi, chi ha deciso di farla, e perché mai, che bisogno c'era?
Dunque, lui aveva l'abitudine di andare sul mare a sviluppare i suoi pensieri, per due motivi: c'era la sabbia sulla quale scrivere gli appunti, numeri e disegni e quant'altro, ed era pure piena, la sabbia, di stecchetti di legno dei gelati e dei ghiaccioli, tutti uguali perfettamente, puliti dalle onde del mare ed alleggeriti dai raggi del sole.
Ne aveva un sacchetto pieno, e li lasciava da una parte, nascosti sotto un masso sul quale si sedeva a meditare. ( preparatevi all'obiezione che non c'erano ancora i ghiaccioli, ma potete pure dire che quegli stecchi li aveva preparati lui intagliando il legno, proprio in vista di una sua invenzione per sorreggere i gelati)
Altro motivo per il quale andava sul mare è che a lui piaceva molto nuotare, anzi glielo aveva consigliato un amico medico, che era poi suo allievo, un certo Brontino.
Costui voleva convincere Pitagora ad abbandonare la sua idiosincrasia per le fave, alimento che il sommo maestro sconsigliava a tutti per il semplice motivo che, essendo molto proteiche, creavano flatulenza. A questo punto si può pure spiegare l'origine del termine, magari imitando il suono e scherzando sul fatto che ricordi il suono del flauto. Se proprio vogliamo allargare le conoscenze è utile informare i ragazzi che i francesi, simpaticamente, chiamano “musique” un bella serie di scoregge in armonia di suono.
Ecco, per annullare l'effetto “fava”, Brontino suggeriva di nuotare almeno 3000 passi al giorno, in acque chiare e fresche, non infestate da pescecani. I gas in eccesso sarebbero scomparsi in acqua senza altre spiacevoli conseguenze.
Ergo, Pitagora aveva questa necessità: nuotare sottocosta, per paura degli squali, e misurare la lunghezza del tratto di mare percorso.
Per questo motivo scelse una spiaggia isolata, perfetta alla bisogna, anche perché alla sua destra terminava con un molo che usciva perpendicolarmente verso il mare aperto, per una lunghezza di 20 passi, e quindi si sentiva protetto.
Pitagora entrava in acqua ad una distanza di 15 passi dal molo e faceva quel percorso in acqua bassa andando avanti e indietro per duecento volte, vale a dire i famosi 3000 passi.
Lo fece per alcuni mesi e poi si stancò, anche perché doveva girarsi ben 100 volte appoggiando le mani al muretto di sassi, i quali celavano sempre qualche riccio in agguato.
Ed allora ecco la sua necessità, che poi diventerà ipotesi: fare un tratto di mare più lungo, andando in diagonale dalla spiaggia alla testa del molo e viceversa. Eh già, il percorso era più lungo, ma quanto? Come misurare la distanza in passi, visto che lui non poteva camminare sulle acque pur essendo un discendente, come diceva la leggenda, del dio Apollo?
Si mise allora a giocherellare sulla spiaggia con i suoi stecchetti di legno, per valutare se potesse fare qualche ragionamento su una ricostruzione in miniatura del suo problema natatorio.
Dispose i bastoncini come i due lati del triangolo, che erano poi le lunghezze del molo e della spiaggia, ed iniziò gli esperimenti. Gioca oggi gioca domani si accorse che se disponeva 3 bastoncini in orizzontale, 4 in verticale, allora la diagonale che univa i vertici dei lati era lunga esattamente 5 bastoncini. Questa terna di numeri 3,4,5 verrà chiamata dai posteri terna Pitagorica.
Ora Pitagora voleva capire il motivo per il quale esisteva proprio questo legame magico tra i numeri in sequenza, e si accorse ben presto che non valeva più se i bastoncini diventavano 4 e 5 per i due lati...la diagonale non era affatto 6!
La stessa cosa valeva per 5 e 6 che non diventavano 7, e via dicendo.
La frase da usare ora è: bene ragazzi, imitiamo Pitagora e mettiamoci a giocare con i numeri 3, 4 e 5.
Quale può essere il legame tra questi numeri, quale è la magia, l'algoritmo ( si può introdurre questo termine oppure si può parlare di formula, di legame matematico) che li accomuna in maniera tanto particolare?
3..............4..............5
Non è la somma, farebbe 7, non è la sequenza perché non funziona per gli altri numeri.
Proviamo a fare: 3x4= 12 diviso 2 uguale a 6, meno 1 uguale a 5....potrebbe essere...
Se prendiamo un altro triangolo rettangolo con i cateti 5, 12...ci accorgiamo che l'ipotenusa, o diagonale è 13 ( metodo bastoncini).
Verifichiamo se vale col nostro algoritmo:
5x12=60...diviso 2=30...meno 1= 29...no, no...niente da fare.
Beh, Pitagora aveva tempo e ne provò assai di giochetti. Quello giusto, alla fine, si dimostrò:
3x3.... più 4x4....= 5x5 ...infatti 9+16=25
Proviamo anche con 5,12,13
5x5...più 12x12....= 13x13...infatti 25+144=169
Ecco fatto.... da una breve verifica Pitagora si accorse che tutti quei numeri che soddisfacevano alla “formula” trovata davano un triangolo rettangolo.
A questo punto lui era in grado di calcolare la lunghezza del tratto di mare...applicò la stessa regola ai suoi passi e trovò:
15 passi x15 20passi x 20 = 25 passi x 25
La lunghezza della nuotata era 25 passi e quindi bastava farla 120 volte, 60 per andare e 60 per tornare anziché 200 volte.
Ora ecco che per magia si introduce la geometria facendo notare che 3x3 è il quadrato costruito sul primo cateto, 4x4 idem sull'altro cateto e 5x5 il quadrato costruito sull'ipotenusa.
L'enunciato risulta allora evidente: la somma di quadrati costruiti sui due cateti equivale al quadrato costruito sull'ipotenusa. Questo ovviamente soltanto se il triangolo è rettangolo.
Io a questo punto ho una storiella mia da raccontare sul teorema di Pitagora, un'esperienza incredibile che dimostrerà come un operaio edile della bassa bresciana arrivasse alla stessa conclusione di Pitagora, senza conoscerlo, né averne mai sentito parlare. E non solo...era in grado, con buona approssimazione, di capire di quanti gradi era sbagliato l'angolo retto in più o meno in funzione dello “sballamento” dell'ipotenusa, che lui chiamava ovviamente diagonale. E il bello è che vinse una scommessa proprio con me, che ero già laureato in ingegneria e che fino ad allora non avevo mai perso una scommessa. Ma questa è altra storia, dolorosa perché mi costò una fornitura di marmi gratuita e una perdita parziale della mia autostima, che capii essere eccessiva.

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