domenica 4 dicembre 2016

Il razzo - racconto - Rubrus



Quando Pietro era bambino, al termine dei pranzi importanti si mangiavano gli amaretti. Erano biscotti speciali perché i grandi usavano la carta della confezione per fare “il razzo”.
L'avvolgevano a mo' di cilindro, la posavano su un piattino e incendiavano la parte superiore.
Il razzo, allora, prendeva il volo verso il soffitto lasciando cadere minuscoli frammenti, proprio come un piccolo missile.
Adesso è Pietro a far partire il razzo per sua madre, magari dopo una pastina e un po' di crescenza, quando le infermiere sono distratte, o indulgenti.
Lei lo guarda volare incantata, come se la sua anima si fosse fatta leggera, tanto da salire su quel pezzo di carta, volare fino al soffitto e più oltre.  

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EPITTETO:

  1. Eh no, questo cortissimo è un gioiellino di profondità interiore.
    Con la scusa di un semplice divertissement si toccano corde sensibili.
    L'alfa e l'omega della vita.
    Quando s'appressa l'ora della dipartita, un poco si diventa fanciulli.
    Forse per la fragilità del corpo, forse per la capacità mentale di stupirsi di fronte alle piccole cose.
    Vedete, man mano che salivo d'età mi son comprato un centinaio di giochi d'ingegno con cui mi trastullo in abilità e proiezione intuitiva.
    Peccato che anc'io non abbia accanto un < Pietro > figliolo che mi aiuti a sognare oltre le pareti dello studio in cui sono confinato.
    La potenza di una narrazione come questa la si misura dall'ampiezza dell'impatto intellettuale col lettore.
    Splendida/mente, Sid.























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