di Rita Iacomino
Domandarsi perché
guardare fuori stringe lo stomaco,
comprime il rosso muscolo
fa diventare amaro il miele.
Passi consumati in corridoi
che portano dove il nulla
ha preso il sopravvento.
Allungare una mano
per prendere il soffio
di un’ala che attraversa
lo spazio a quadretti.
Piatto e lento il movimento
che rende infinita l’attesa.
Forse ce la farò
a toccare il cielo con un dito,
forse riuscirò a baciare la terra
quando passato e presente
diventeranno domani.
Forse!
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La cara Rita Iacomino in questa sua proposta denuncia un pessimismo malcelato, proprio lei che altrove rimprovera il mio poco costruttivo.
Una contraddizione che può solo derivare da un diverso stato d'animo del momento.
Superato il dilemma di quel cielo a quadretti, il lamento del mal vivere si scioglie nel desiderio di approdare in un domani non lontano alla pienezza esistenziale, quale parrebbe adombrata dal fuoco interiore degli artisti.
Ma prudentemente la nostra Poetessa avanza un forse dubitativo, alla fine della disamina.
No, cara Rita, non riuscirai nel tuo intento, perchè il determinismo ha già segnato il tuo destino.
E' tempo perso comprare il tagliando della felicità, sperando nel premio.
Per il calcolo delle probabilità, la nostra sorte è quella segnata già dal mattino.
E la sola nostra opportunità sta nel dribblare gli ostacoli ancora frapposti, per non rovinare anzitempo nel peggio.
Breve lirica meditativa questa, che pone l'accento sull'irrevocabilità di un destino predefinito da Chi ci vuole comunque e sempre perdenti.
Epitteto
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