***di Claudio BURELLI***
***
Amica cara di tante giornate,
trascorse insieme a tirare le pietre,
nel lago d’Osiglia o su spiagge assolate,
a parlare di sogni di viaggi e risate.
***
Erano anni diversi e più lievi,
con tanta gioia da vivere insieme,
i bimbi che giocano sporcando i vestiti,
e noi fingevamo di essere arrabbiati.
***
Sei sempre stata un’amica importante,
si parlava di tutto non nascondendo niente,
ci divertivamo a pensare al domani,
immaginando fosse migliore di ieri.
***
Poi la vita con i figli che vanno,
ci porta a percorrere strade diverse,
io che ancora adesso non mi rendo conto,
di dove sono andato nello spazio di niente.
***
Sai che son nonno, chi lo avrebbe mai detto,
se non fosse per Lei mi sarei già perso,
è il mio faro che illumina tutto,
chissà che trovò in me…lo hai sempre detto.
***
Sai cerco sempre di stargli vicino,
con discrezione per non fargli pesare,
quei giorni uguali troppo lunghi da passare,
e tu da lassù che conforti il suo cuore.
***
Amica cara, non è certo il tuo posto,
dove sei adesso aspettando l’aurora,
vivi nel vento nei germogli di Aprile,
immagino di rivederti sorridere ancora.
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EPITTETO:
E' fatale.
L'aveva già cantato Edgar Lee Masters nella sua Antologia di Spoon River.
Ogni volta che ci si appressa ad onorare i defunti, il cimitero da cosa morta prende vita nella nostra mente.
I ricordi del passato si affollano in capo, prendendo corpo da una fotografia, dalle parole incise, da una data.
Per un breve spazio di tempo si entra in reciproco dialogo, le vivide immagini di una parola, di un volto, di una situazione vissuta.
Secondo voci insistenti, chissà che taluno defunto di forte empatia un giorno non ci venga ad accogliere nel tunnel di luce verso l'Eterno.
Infine c'è la personale insistenza: un'Amica di antichi giochi e sentimenti, dipartita anzitempo, da richiamare in campo, mai dimenticata, con accorati accenti.
Emozioni tutte che superano le evidenti impasse grammaticali, sintattiche, periodiche del testo.
Molto bene, Siddharta.
EPITTETO:
E' fatale.
L'aveva già cantato Edgar Lee Masters nella sua Antologia di Spoon River.
Ogni volta che ci si appressa ad onorare i defunti, il cimitero da cosa morta prende vita nella nostra mente.
I ricordi del passato si affollano in capo, prendendo corpo da una fotografia, dalle parole incise, da una data.
Per un breve spazio di tempo si entra in reciproco dialogo, le vivide immagini di una parola, di un volto, di una situazione vissuta.
Secondo voci insistenti, chissà che taluno defunto di forte empatia un giorno non ci venga ad accogliere nel tunnel di luce verso l'Eterno.
Infine c'è la personale insistenza: un'Amica di antichi giochi e sentimenti, dipartita anzitempo, da richiamare in campo, mai dimenticata, con accorati accenti.
Emozioni tutte che superano le evidenti impasse grammaticali, sintattiche, periodiche del testo.
Molto bene, Siddharta.
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