domenica 4 settembre 2016

Senza titolo
di Sara Pellegrino

Di solitudine in solitudine
ho esplorato il vento acre di settembre
spento la luce sul binario morto
gettato un sogno dal precipizio.
Poi è venuta la sera
l'odore della notte a stirare i pensieri
a raccontare sottovoce desideri sopiti
piccoli spazi tra la rete e il blu.
tu menti e non ti accorgi
che di noi restano ombre sparse
come impronte precarie e giovani canzoni.
Non ricordo che la pioggia
e il tuo incedere lento
in quel mattino capriccioso
denso di foglie e di speranza
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*Epitteto Eubulide:
La solitudine è la condizione assoluta a cui siamo condannati.
Si nasce, si vive, si muore soli.
In amore le convergenze parallele sono un'illusione: non ci s'incontrerà mai!
L'innamoramento è un'astuzia provvisoria della natura a fini generazionali.
In pratica le due metà non combaciano, non si comprendono, anzi si respingono.
Talora si odiano.
Diciamocelo chiaro: una bella rompitura il rapporto sentimentale, pieno di ostacoli e di perdita di tempo.
Certo, per capire queste cose occorre la saggezza dell'età.
L'io narrante della poesia è ancora in cerca disperata, frustrato dalla delusione, e affida il suo tormento a parole e immagini sofferte.
Però attenzione, a che la condizione di disagio non diventi eterna geremiade.
Altrimenti si scadrebbe in uno stato di perenne depressione, scambiata per lamentazione di piacere.
In fin dei conti anche il masochismo ci ha il suo ruolo...
Esteticamente i versi si presentano chiari ( a miracol mostrare! ), scorrevoli, non soverchiamente metaforizzati.
Al solito il modernismo reclama l'oblio delle virgole...
Ottima proposta.
Senescente/mente, Diofanto.

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