Quesito.
L'Odifreddi nazionale, riconvertitosi a divulgatore scientifico per
ragioni d'età, sostiene da tempo che se la mente non viene
convenientemente coltivata alla matematica entro la pubertà, il soggetto
è definitivamente perso a questa materia.
La questione mi ha colpito per la sua irreparabilità: mi interesserebbe il parere dei lettori al riguardo.
In
quanto insegnante ho il diritto-dovere di essere più ottimista. Certo,
un bambino stimoltato alla riflessione (analisi, sintesi e deduzione)
avrà più facilità a comprendere, ma penso che ci siano tantissimi
fattori in gioco e che sia sempre possibile
intervenire. Per apprezzare la matematica occorrono delle doti che
vanno oltre la capacità logica, tra queste metterei ai primi posti la
tenacia e una certa propensione alla solitudine. Il matematico è
dannatamente cocciuto, quasi prigioniero della sua caparbietà. E ha
tanta tanta tanta immaginazione. Ecco, con queste doti io credo che si
possa recuperare terreno ad ogni età. Nulla vieta poi di apprezzare un
concetto anche senza essere dei veri matematici, esattamente come si
apprezza un brano di Chopin senza essere dei musicisti. E' la bellezza
del pensiero che rende l'uomo bello, non viceversa. Spero di aver
risposto!
Penso
che l'Odifreddi riciclato intenda dire che se fin dalla prima gioventù
non si è stati convenientemente allenati a correre i 100 mt piani, poi
in maturità si è definitivamente chiusi a tale disciplina pur
mantenedosi vivo l'entusiasmo per essa.
Di qui la grande corresponsabilità degli insegnanti nell'eventuale fallimento dell'impresa.
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