giovedì 10 agosto 2017


SENZA TITOLO
di Mauri Mari

Ho nostalgia di quando...
di quando mi sentivo disperato.
Di quando, in equilibrio sul balcone
cercavo di riscrivere nel vuoto
la storia del mio prossimo passato.
Allora mi aggrappavo ad un motivo
che scalciava imbizzarrito
e mi lasciavo trascinare come fosse
il prezzo da pagare per poterlo cavalcare.
Ho nostalgia di quando
mi ero dato a un Dio in adozione
e m'inventavo tutti gli alibi possibili
per giustificarmi la sua disattenzione.
Adesso il mio vagare s'è quietato
però mi manca quel sentirmi disperato.
Sarà una quiete finta, di clausura
di chi si sente Vivo, ma imbalsamato.
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Epitteto:
Talora anche la depressione, una volta controllata e quietata, entra in crisi di astinenza...
La lirica sopra postata viaggia sui vecchi binari poetici tipici dell'Autore, riprendendo il leitmotiv del disagio esistenziale.
Un disagio che potrebbe definirsi ormai cronico, quasi una seconda veste caratteriale.
Epperò la denuncia ricorrente appare sempre come nuova, appropriandosi di un simbolismo invero originale e per nulla stucchevole.
I passaggi sono forti, per stomaci robusti, ricorrendo ad estremismi forse non solo letterari.
Il suicidio-omicidio, ad esempio, che sta allargandosi nella realtà sociale
da individuale a collettivo.
Il benessere raggiunto velocemente in meno di cinquant'anni non è stato metabolizzato e sta mietendo vittime, se appena intaccato, forse perchè non più ancorato a ideologie e valori stabili nel tempo.
Il senso della precarietà in terra ed il vuoto in cielo sfilacciano caratteri anche i più granitici.
Interessante nel testo l'inversione del < passato prossimo >, che pare andare a braccetto per assurdo coi miei futuri progetti per il passato...
Nei versi in lettura traspare tutta la vicenda umana che, pur se in diverse tonalità, tutti ci accomuna.
Affettuosa/mente, Epitteto.

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