lunedì 8 agosto 2016

PENSIERI CINICI.
di Epitteto

A) – La vanità.
Sulla vanità sono stati versati fiumi d’inchiostro.
Secondo un noto filosofo francese, essa è un vizio che affonda le radici nella società civile, un’ammirazione di se stessi poggiata sull’entusiasmo che si crede aver suscitato nel prossimo.
Essa è la madre di tutti gli altri vizi umani perché tendono a soddisfarla.
Dannosa al singolo ed alla società, si connota per il senso del ridicolo e conseguente derisione da parte dei consociati.
Per lo più la vanità è massima nei poeti e nei letterati in genere.
Mettendo la propria < arte > al di sopra di ogni cosa, essi tendono a solennizzarla.
E quanto più sono ciarlatani, tanto più si credono investiti dal sacerdozio versificatorio, esigendo che ci si inchini alle loro trombonate.
( libero e rispettoso adattamento da < Il riso > di Bergson ).

B) – Un po’ di umorismo.
1 – Dio non può essere onnipotente perché non potrebbe mai uccidere un suo Simile… ( Bergson ).
2 – Mio fratello ed io eravamo due gemelli monozigoti.
Poco dopo la nascita, ci misero entrambi a fare il bagnetto in una tinozza.
E mio fratello vi morì annegato.
Però non si seppe mai se a morire fui io o lui, per cui io ora potrei essere mio fratello… ( Samuel Clemens – 1835-1910, di cui non vi dico il nick così sarete costretti ad andare a cercarvelo ).
C) – Colored.
Ci ho un parente stretto, sacerdote, che ha il pallino del Guatemala/Nicaragua, nel senso che s’impegna da noi a raccoglier fondi per quelle popolazioni in difficoltà economico-strutturali.
Alla mia domanda perché non s’ingegnasse invece a favore degli africani altrettanto bisognosi, mi rispose con un < brrr… per carità >, accompagnandosi con un gesto di ribrezzo.
Talora ho avuto a tavola dei neri del centro Africa, con sommo disappunto dell’adorata Santippe che non si rassegna alla diversità di colore, costumi e tradizioni.
Ricordo ancora lo scalpore suscitato nel 1944 a Napoli per la nascita di un nero da una donna bianca locale.
Frutto di una relazione illegittima o di violenza carnale durante la breve occupazione afro-anglo-americana della città.
Ne sortì addirittura una canzone, la tammurriata nera, con successo di portata nazionale.
Le differenze somatiche, che ci ricordano la discendenza antropologica originaria, sono mal digerite a tutti i livelli anche da noi.
Ricordo che quand’ero in servizio lavorativo, da giovane, mi trovai a dover spiegare ad un nero, elegante e colto, certe procedure amministrative.
Inconsciamente cominciai a parlargli con gesti manuali e proposizioni col verbo all’infinito.
Al che lui mi rispose in perfetto accento fiorentino d’essere sposato, medico e di operare nella zona.
Mi vergognai di me stesso.
Per fortuna oggi la Cassazione ha ritenuto ingiuria razzista dare dello < sporco negro > ai colored.
Caroselli della Mira Lanza con il lamentoso pulcino Calimero ( < qui tutti ce l’hanno con me perché io sono piccolo e nero > ) o canzoni come < Angeli negri > ( io sono un povero negro ) di Fausto Leali non sarebbero più possibili: una conquista di civiltà.
Anche se il razzismo è riaffiorato in questi giorni con Tavecchio, candidato in corsa alla presidenza della FIGC, per il quale taluni neri/negri da mangiatori di banane sono ora titolari in squadre calcistiche italiane.
L’inconscia rimozione dell’appartenenza a < razza diversa > la notiamo persino nella religione.
Laddove l’ebreo Gesù, dai tratti semitici, da noi viene rappresentato per lo più biondo, con gli occhi azzurri, di alta statura, predicatore dalla voce flautata o altisonante ( o addirittura stentorea… ).
D’altra parte è improbabile che Dio, a nostra immagine e somiglianza, per Teresa d’Avila e altri mistici dell’Occidente potesse mai essere nero.
Tutt’al più, per Teresa, moro, come un hidalgo della sua terra…
Siddharta

Nessun commento:

Posta un commento