Pubblico
IN RICORDO DI LUI CHE MAI MORIRÀ NEI NOSTRI CUORI, QUESTA SERA ALLE ORE 18,00 SI DIRÀ UNA MESSA IN SUFFRAGIO.
Così l’inizio della fine
Si era in attesa del miracolo nella sala d’aspetto dell’ospedale di Salerno, si aspettava anche di notte d’avanti alla sala di rianimazione, lui, Marco, era sceso giù dal reparto infettivo, dopo che trenta ore di cure contro la Meningite, non erano servite a niente.
Era la notte di domenica 17/18 ottobre del 1999, Marco, era clinicamente morto. Nella sala di aspetto, noi di famiglia, la fidanzata, i sui familiari, qualche amico, in tutto oltre una quindicina di persone vegliavamo. La notte era di tempesta, con paurose folate di vento che soffiavano fortemente senza pioggia, senza lampi, senza tuoni; solo vento, notte di attesa, notte di ansia, di paura, di angoscia per la sorte di Marco.
Io, su una brandina, distrutto dal dolore, forse deliravo; chissà quante cose avrò detto che ora non ricordo! Mi era vicino, ora che rammento: Lina, la fidanzata, i miei figli e le loro ragazze. Erano le 4,30 del lunedì 18 ottobre 1999, la furia del vento finalmente si era placata ed io, mi ero appena assopito. Non durò molto il sonno, solo qualche minuto, quando ho sentito la sua voce "papà sto meglio!” che fu come una scarica elettrica su di me, facendomi saltare dalla brandina sulla quale riposavo. Tutti mi hanno visto e sentito, e a tutti ho subito comunicato il messaggio ricevuto. Ma solo io ho compreso che Marco era volato in cielo in quel momento.
Quelle parole però, hanno scacciato dentro di me tutti i cattivi pensieri, mi hanno aiutato a continuare a vivere, a sentire spiritualmente al mio fianco la presenza di mio figlio Marco.
L’ULTIMO CALORE
E mi fu dato
non appena ebbe spirato.
Io, me lo strinsi al petto
per una volta ancora
con queste mani mie.
Il sangue,
era ancora caldo
del mio figliuolo;
era l’ultimo segno
della vita sua.
E dopo, piano piano,
queste mie mani
più non sentirono
quel lieve suo tepore;
il sangue si gelò
e restò dinanzi a me
un corpo gelido
senza alcun anelito di vita.-
***********************************
Commento di Epitteto:
Sono dolori così intimi da doversi custodire nel proprio profondo.
Toccante è il riferimento al messaggio: solo pochi eletti ne sono beneficati a riduzione della sofferenza patita.
Sì, penso anch'io che quel < sto meglio > sia il premio a conclusione di una vita terrena sempre tribolata.
E che forse nell'Aldilà non tutto sia nulla ed inesistenza.
Chissà.
Siamo solo un anello della lunga catena generazionale che abbraccia passato, presente e futuro immersi nella Natura.
In solidarietà, Epitteto.
Così l’inizio della fine
Si era in attesa del miracolo nella sala d’aspetto dell’ospedale di Salerno, si aspettava anche di notte d’avanti alla sala di rianimazione, lui, Marco, era sceso giù dal reparto infettivo, dopo che trenta ore di cure contro la Meningite, non erano servite a niente.
Era la notte di domenica 17/18 ottobre del 1999, Marco, era clinicamente morto. Nella sala di aspetto, noi di famiglia, la fidanzata, i sui familiari, qualche amico, in tutto oltre una quindicina di persone vegliavamo. La notte era di tempesta, con paurose folate di vento che soffiavano fortemente senza pioggia, senza lampi, senza tuoni; solo vento, notte di attesa, notte di ansia, di paura, di angoscia per la sorte di Marco.
Io, su una brandina, distrutto dal dolore, forse deliravo; chissà quante cose avrò detto che ora non ricordo! Mi era vicino, ora che rammento: Lina, la fidanzata, i miei figli e le loro ragazze. Erano le 4,30 del lunedì 18 ottobre 1999, la furia del vento finalmente si era placata ed io, mi ero appena assopito. Non durò molto il sonno, solo qualche minuto, quando ho sentito la sua voce "papà sto meglio!” che fu come una scarica elettrica su di me, facendomi saltare dalla brandina sulla quale riposavo. Tutti mi hanno visto e sentito, e a tutti ho subito comunicato il messaggio ricevuto. Ma solo io ho compreso che Marco era volato in cielo in quel momento.
Quelle parole però, hanno scacciato dentro di me tutti i cattivi pensieri, mi hanno aiutato a continuare a vivere, a sentire spiritualmente al mio fianco la presenza di mio figlio Marco.
L’ULTIMO CALORE
E mi fu dato
non appena ebbe spirato.
Io, me lo strinsi al petto
per una volta ancora
con queste mani mie.
Il sangue,
era ancora caldo
del mio figliuolo;
era l’ultimo segno
della vita sua.
E dopo, piano piano,
queste mie mani
più non sentirono
quel lieve suo tepore;
il sangue si gelò
e restò dinanzi a me
un corpo gelido
senza alcun anelito di vita.-
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Commento di Epitteto:
Sono dolori così intimi da doversi custodire nel proprio profondo.
Toccante è il riferimento al messaggio: solo pochi eletti ne sono beneficati a riduzione della sofferenza patita.
Sì, penso anch'io che quel < sto meglio > sia il premio a conclusione di una vita terrena sempre tribolata.
E che forse nell'Aldilà non tutto sia nulla ed inesistenza.
Chissà.
Siamo solo un anello della lunga catena generazionale che abbraccia passato, presente e futuro immersi nella Natura.
In solidarietà, Epitteto.
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