sabato 30 dicembre 2017

- INDIFFERENZA -

Ti chiudi vuoto
nella tua fortezza
con occhi assenti
e sguardi indifferenti .

in essa e dentro te
vanno contempli
un mondo senza ( e ) venti
e giaci immoto .
Sei l' apatia
che uccide lentamente .
Si mura diroccate
in abbandono .
Cresce l' indifferenza
dove cresceva amore
non c' e' segno di vita
intorno a te .
Cosa resta di te , parvenza d' uomo
se langui sopra il fossile
di un cuore ?
- MARINELLA PIZZINO -
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Commento di Epitteto:
Quando si esce di casa si ha cura di ben vestirsi per far bella figura.
Similmente un testo in lettura va licenziato e pubblicato in forma curata e corretta, a rispetto dell'Autore e del lettore.
Non così in questo post, da ritirare e riproporre riveduto esteticamente.
Sul contenuto, siamo ai materassi.
Se trattasi di coppia, ormai l'indifferenza la fa da padrona, non c'è più niente da dirsi.
La crisi colpisce indifferentemente lei o lui o entrambi, non ci sono addebiti preferenziali di genere.
Meglio fermarsi e cambiare se si può.
Mica l'ha detto il dottore che un amore debba durare in eterno.
Col tempo tutti cambiamo, giusto allora separarsi che uccidersi lentamente giorno per giorno.
PENSIERI CINICI DEL 30/12/2017
Cari Amici,
" L'opera del maestro non consiste nel riempire un sacco,
ma nell'accendere una fiamma in chi l'ascolta ".
Plutarco.
Questa citatissima frase estrapolata dalle opere del celebre filosofo greco fa parte dell'araldica di ogni uomo saggio.
Chi ama essere e viene definito< maestro > ( l'iniziale sia minuscola ) è solo colui che si limita a diffondere la propria conoscenza al fine di accendere un fuoco d'interesse nei lettori/ascoltatori.
Saranno poi costoro che incuriositi e interessati si faranno parte diligente nell' accoglierne il messaggio, rielaborandolo, per farne ragione di vita e trasmetterlo a loro volta ad altre persone.
Anche l'antica sapienza orientale ricalca tali orme, chiarendo:
< ad un certo punto il discepolo ( chela ) uccida nel cuore il proprio spirito-guida ( guru ) e prosegua da solo e autonomamente sul sentiero della verità e della ricerca, diffondendo a sua volta il verbo nel cammino dell'esistenza >.
Dico questo perchè sentirsi chiamare maestro può avere solo il significato dianzi indicato, e non anche quello di pensare ad un mostro dispensatore di cultura.
Ciascuno di noi nel momento in cui esprime un proprio convincimento si fa maestro di se stesso e del prossimo nel senso dianzi indicato,
Con affetto, Cinico Cratete.

MEMORIE
di Antonino Magrì

Il vento disincaglia e mulinella le prime foglie
nel nascente autunno. È austero il vento,
non concede tregua: le spazza, le contorce, le frantuma
e poi le invola verso chissà dove, il vento.

Memorie disadorne, digregate, divorate;
memorie avulse incatenate in ceppi,
abbarbicate nell'oblio del tempo che smemora i contorni ...
E ti ritrovi solo, ormai leggero nell'armonia ondulata
del vento che sospinge; e ti ritrovi a contemplare il sole
che ammicca e ride tra lo smalto purpureo del tramonto.
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Commento di Epitteto:
Per natura sono allergico alle figure sintattiche e semantiche di cui si fa abbondante uso in poesia.
Quasi che le deviazioni espressive dal linguaggio comune possano impreziosire il testo, rendendo il messaggio più efficace e solenne.
Sono per la semplicità del dire, capace senza tanti giri di parole di andare direttamente al cuore ed alla mente del lettore.
Un altro modo di intendere la poesia, la mia una voce nel deserto.

venerdì 29 dicembre 2017


Me ne vado
di Pietro Zurlo
***
Me ne vado, ho deciso,
me ne vado nel Perù;
niente cchiù se piglia a rriso
nun cia faccio propio cchiù.
***
Tutt'e juorne songo guaje,
ca io sento alla Tivvù
chillo arrobba, n'ato accire
e 'ngalera 'un vvanno cchiù.
***
E pirciò che me ne vado,
vado a sta' nel Paraguay,
voglio vivere tranquillo
senza sentere chiù guaje.
***
Metto dentro la bbalicia
ddoje mutande e ddoje camicie;
tutt'o riesto ca mme serve
me l'accatto tutto llà!

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Commento di Epitteto:
Una ballatella letteraria quasi di strada, dal tono tragico-umoristico senza pretese d'alloro.
Quasi un grido di dolore intimistico- apologetico.
Quando in vernacolo misto in lingua, don Pietro si supera.
Ottonari scanditi ritmicamente, veloci e danzanti.
Con una morale di intensa disperazione: un mondo in cui non si riconosce più, violento e immorale.
E allora meglio fuggire in Paesi lontani, radicati nella fantasia popolare come luoghi compensativi.
Quasi un controcanto alla famosa canzone < Mamma mia, dammi cento lire chè in America voglio andar >!
Caro Amico, sei tutti noi, tu che sai anche in modo burlesco allietarci nei momenti di sconforto.
Grande, grande don Pietro.
PENSIERO CINICO DEL GIORNO
di Epitteto

Lifting poetici.
Le storie narrate in poesia sono tutte uguali, si ripetono nel tempo.
Qualche decina o poco più dall'inizio dell'umanità ad oggi. Quello che le fa apparire diverse e sempre nuove è l'ispirazione lirica di ciascun Autore.
Fateci caso: se vien meno l'apporto vivificante del Poeta, il testo e la trama rimangono solo parole inerti, una maschera fredda dai movimenti rigidi per i maldestri lifting subiti.
Allitterazioni
di Epitteto

Il termine < cretino > deriva dal francese < crétin >.
Il quale a sua volta deriva per allitterazione semantica sempre dal francese < chrétien > = cristiano.
A partire dall'Ottocento.
Con tale parola si indicava l'individuo stupido e insensato ma piissimo, sempre assorto nelle cose celesti e non in quelle terrene.
Chi ha orecchie per intendere, intenda...

venerdì 22 dicembre 2017

Il trinariciuto
di Epitteto

La lusinga di un dopo salvifico per i buoni, e il dramma della punizione per i cattivi.
Con un trinariciuto che dall'Olimpo maltratta i più sulla Terra, premiando i pochi col benessere.
A capocchia.
La realtà si è che non esiste niente di metafisico: siamo immersi nella Natura, soli e abbandonati agli eventi.
Un grido di disperazione, il nostro, nella solitudine del tempo e dello spazio.

mercoledì 20 dicembre 2017


MI RICORDO
***Rosa PONENTE***
***
Mi ricordo
dei miei Natali
quando mangiavo
nocciole e torroni.
***
Era una festa
chiamata allegria
perché non mancava
la compagnia.
***
Esiste ancora
la festa più amata,
ma dentro i cuori
la gioia è cambiata.
***
Si va di fretta...
si pensa al vestito,
si guarda il regalo
e non più l'amico.
***
E quando scarti
il tuo ultimo dono..
ti guardi intorno
e ... Natale è finito!

**************************
Commento di Epitteto:
Quasi una filastrocca.
Non sarà per palati fini, ma seduce per semplicità e naturalezza.
Certo, a Natale bisogna svestirsi dei paludamenti e guardare l'evento con gli occhi incantati di un bambino.
Ma ormai i tempi son cambiati.
Il benessere e il disincanto hanno snaturato il significato della ricorrenza.
Non si crede più, tutto è laicizzato, le promesse religiose non mantenute.
L'uomo-cittadino visto solo come consumatore/acquirente.
La festa in famiglie sfilacciate, allargate, senza più pathos.
Ci si guarda intorno, vuoti dentro, con un occhio al passato come s'era invece una volta...
Molto bene, se serve a guardare il mondo con occhi diversi.
IL BALLO
***di Arcangela RIZZO***
***
Scandì le parole il maestro di ballo...
con ritmo lento nel tono di voce,
volgendo lo sguardo al suo apparire,
fu tutto un incanto il suo divenire.
***
Andandole incontro con lieve tremore,
le strinse le mani portandole al cuore,
le cinse le spalle in un forte abbraccio,
con gli occhi socchiusi in un tenero allaccio.
*******
Le sussurrò in dolce desìo,
a labbra dischiuse un canto armonioso,
condurre la volle in un luogo incantato,
vicino alle stelle vibranti di luce.
******
Si muovono insieme in passi di danza,
la musica inebria...i corpi seduce,
più nulla li opprime son liberi in volo,
si sfioran le labbra e cantano in coro.

************************
Commento di Epitteto:
La lirica ha il pregio di fotografare un'esibizione di danza probabilmente latino-americana di belllezza estetica e voluttuosa.
Invero a tale vista i due ballerini sembrano volare nei vari passi musicali, leggeri e aggraziati.
Penso che l'Autrice abbia dimestichezza con il genere, attesa la delicatezza tutta interiore della descrizione.
D'altronde poesia e danza sono sorelle mitologiche.
Sì, direi che l'atmosfera sia ben delineata, con un ritmo e timbro assai seducenti.

SI CREDE UN VATE
***di Corrado ZURLO***
***
O tu che aspiri a superare i Dante,
ed altri grandi vati degli annali,
vorresti forse i serti spirituali
che scrivi versi quali una rotante?
***
Sembri una rotativa dei giornali,
che stampi libri in modo circolante;
tu fai venir la cacca più abbondante,
senza disagi, miri ai miti astrali.
***
Il modo tuo è un fantasticare
e i tuoi amici ridono di te;
quando li inviti i versi ad ascoltare,
****
vengono, si…ma sono solo in tre.
Il fatto è che hai soldi da sprecare
e non ti accorgi che ti fai burlare.

***********************
Commento di Epitteto:
Invero micidiale.
Tanto da essersi guadagnata i galloni d'inclusione d'autorità nel sito web < Antologia dell'orrore letterario >, quale candidata al premio Ignobel.
Il nostro Autore probabilmente è giovane e alle prime armi poetiche.
Ma ha le idee chiare, quelle che da sempre vado vociando.
Il sonetto si riscatta infatti nelle due ultime terzine a chiusura.
Con l'eterna morale per gli scribacchini della domenica: la derisione del prossimo e lo spreco di tempo e verosimilmente di denaro.

martedì 19 dicembre 2017

PENSIERO CINICO DEL MATTINO
Lettera aperta.

In un certo periodo della sua vita mio figlio, giovane rampante , ebbe a percorrere il solito cammino dell'autosuggestione formativa.
Al fine di confortarsi di valere come individuo sociale, si era lanciato in una ridda di colloqui lavorativi al solo scopo di sentirsi dire che era bravo, intelligente e preparato.
Poi saturo delle lodi e soddisfatto, è rientrato nei ranghi comportandosi da persona normale e matura.
Lo stesso accade in letteratura, segnatamente in Poesia.
Pur di sentirsi lodare, troppi Autori si spingono ad una produzione frenetica, anche partecipando a raffica ai mille concorsi mini e maxi, inalberando orgogliosi i frutti delle vittoria.
Gli scrittori seri limitano la propria produzione per non inflazionarla, per non ripetere rimasticature del già troppo detto.
La Poesia è come la moneta: quando è inflazionata quella cattiva scaccia quella buona.
Quali le soluzioni?
Per me semplicemente due: limare, limare, limare, mettere in un cassetto, far depositare, riprendere asciugando, asciugando, asciugando.
Orazio consigliava di pubblicare solo dopo otto anni dalla stesura ( nonum prematur in annum ), affinchè il tempo facesse rilevare le imperfezioni alla mente calma e riposata.
Occorre diffidare delle poesie scritte di getto: per lo più non resistono al tempo e all'uomo.
Il secondo giudizio: prima che se stesso, preferire di leggere e valutare le proposte degli altri competitor.
Hai voglia di rilevarne pochezze o valore...
Cinico Cratete.

Gli interlocutori
di Herry Frux

Son partita così serenamente quel mattino
con quella voglia di fare una passeggiata
nel silenzio
del mio "bel paese"
quasi a voler cercar qualcosa
di diverso.

Alla prima panchina
le mie gambe cedettero
e cercando un po' di sollievo
sentii la sua calda voce.

Parlammo per un po' come
se ci conoscessimmo da
tempo, una chiacchierata
così piacevole...che quando
mi alzai per salutarla con me
non c'era nessuno,

Eppure avevo sorriso.
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Commento di Epitteto:
Micidiale, la nostra Poetessa.
Ci tiene col fiato sospeso, e poi conclude in modo sorprendente.
Perchè tutti noi, o prima o poi, ci siamo inventati un interlocutore col quale discutere animatamente dei nostri problemi.
Sia nell'infanzia che in età adulta.
Un modo inconscio per scaricare le nostre problematiche irrisolte, vere o fittizie.
Se dovessi a paragone scavare nella memoria, penserei a Pirandello.
Perchè in tanti s'arrovellano a pensar profondo quando s'accostano alla poesia?
La nostra Musa risplende massimamente soprattutto nella semplicità del dire.
Facciamone tesoro, allora.

La iena
di Epitteto

Alle terme a passar l’acque
in settembre noi s’andava,
ma alla iena mai non piacque
il minor che s’aggirava:
fin da quando quegli nacque
le sue mire disturbava.

Eravamo solo in tre,
padre, serva, oltre a me.

In presenza del padrone
era tutta latte e miele,
non un torto, sol ragione,
ma di dentro l’odio e fiele:
“Farai i conti alla magione…”,
gorgogliava l’infedele.

Eravamo solo in tre,
io d’entrambi alla mercè.

Giunse il giorno, molto scuro,
del ritorno, e alla stazione
lei in disparte, a muso duro:
“ Ho serbato una razione
di nerbate, te lo giuro!”.
Lì mi colse un gran magone.

Eravamo solo in tre,
io e quei due senza fè.

Dentro casa, è storia vera,
poi mantenne le promesse.
Non cedetti alla megera,
fino a quando più non resse.
Mentre lui, e mane e sera,
facea finta non sapesse.

Eravamo solo in tre,
io tra i due, Dio sa perché.

lunedì 18 dicembre 2017

IL LAMPO
( di Manrico Bacigalupi)

Un lampo squarcia l’ombra della sera,
d’un tratto, repentino, sopra il mare.
E’ un attimo che abbaglia la scogliera,
un battito di ciglia e poi…scompare !
Ed ecco il tuono esplode e la sua rabbia
s’avventa dentro al cielo, come un lupo
che raspa inferocito chiuso in gabbia…
ma poi si cheta, in brontolio più cupo.
Or nubi grigie corrono nel vento
mentre la pioggia cade senza sosta.
S’accende ancor la rupe un sol momento,
e appare là, una vela,sotto costa !
Chissà la notte se sarà un tormento
e se domani il sole ancor si desta ?
***********************************
Epitteto:
Di primo acchito sembrerebbe un sonetto banale e oleografico.
Ma solo per i superficiali.
Invero il realismo dell'affresco affonda le radici nella terra e nel mare della bella Isola d'Elba.
Come il ciel di Lombardia, così bello quand'è bello ( Manzoni, Promessi sposi ).
Poi si sa, quando il tempo cambia, la natura ostica prende il sopravvento e vien giù il diluvio.
Fulmini e saette che rendono selvatici i luoghi, tra mare e dirupi.
Ma un lampo alfine squarcia le tenebre ed illumina una barchetta in mezzo all'onde: quasi a parafrasare la vita terrena tra le procelle della sorte cinica e bara.
Adesso è notte, ma domani andrà certamente il sereno.
Impareggiabile Manrico, cantore della natura e della speranza.
Bravissimo, Siddharta.
****EPITTETO EUBULIDE***
Gioia e strazio

Ecco, mi ringrazio
di non aver rubato
e ancor non ammazzato,
domate le passioni
di poche mie ambizioni.
Di non aver creduto
al leader ognor venduto,
al chierico bugiardo,
al pubblico boiardo.
Amando le virtù
di non voler di più.
Mi dolgo e strazio
per certe male azioni
a spirti saggi e buoni,
d’esser stato cieco,
del tempo mio che spreco,
di non aver amico
fin dal tempo antico,
di non aver più fede
in chi soccorso chiede.
D’aver mirato giù
e poco assai Lassù.

sabato 16 dicembre 2017


- MI MANCHI -

Quante parole
ho ancora da dirti .
Quante
ne ho taciute .
Mi manchi ,
quando le stelle
trapuntano il cielo .
Al sorgere del giorno
nell' allegro stormire
delle foglie
mi manchi .
Tra le piaghe dei miei
sogni
quando ti tocco
e poi svanisci .
Provo a raggiungerti ,
non ci riesco .
Mi assale la paura ,
il pensiero di non trovarti
alla fine del giorno .

- MARIELLA CUTRONA -
***********************************
Commento di Epitteto:
Di solito quando il testo è di significato incerto, i lettori si cautelano con uno striminzito < mi piace >.
Una poesia d'amore?
Io ci provo, tanto sono abituato a destreggiarmi sul filo del rasoio.
Intanto non so se un refuso, ma preferirei < Tra le pieghe dei miei / sogni >.
Comunque ci vuol del coraggio ad avventurarsi su un cammino tanto usurato, come quello sentimentale.
L'Autrice pare sincera, soffrendo le pene della lontananza.
Notte e giorno alla ricerca di un alter ego, forse solo sognato.
Se così, stupisce la discrasia tra la realtà e l'immaginazione,: l'una sempre fonte di incomprensioni nel tempo, l'altra immersa in piacevoli aspettative dell'illusione.
Il testo appare pulito e scorrevole, senza novità di rilievo, ma di gradevole impatto.
Il fuoco e la carta
di Epitteto

< Metti il fuoco nella carta, o metti la carta sul fuoco >, sentenziava lo scrittore ungherese Codreanu.
Come a dire che una poesia deve essere in grado di avvampare e il cuore e la mente.
Altrimenti rimane solo come carta straccia buona per accendere il camino.
Purtroppo il 99% dei testi in lettura oggigiorno è da buttare , forse nemmeno in grado di bruciare come carta.
Cari Amici letterati punti dalla Musa evitate di pubblicare ogni sorta di scemenza , magari senza creanza garammaticale e sintattica.
Almeno se avete ancora un briciolo di pudore e di rispetto per il lettore.
TURBAMENTI
-di Epitteto Eubulide-
***
Apparsa quando tutto il Sé idealizza,
acceso fui di subito tormento:
e giorno e notte tal sembianze attizza
il foco ardente che nel cor mi sento.
***
Ma io pur veggio il guardo distaccato
col quale sfiori queste mosse incerte
e tal freddezza mi fa corto il fiato,
doloran aspre le ferite aperte.
***
Lungi presto sarai, e col mio canto
del dolce sogno inseguirò l'ebrezza,
ed offrirò all'amore questo pianto,
disciolto nel fiorir di giovinezza.

venerdì 15 dicembre 2017


CON COMMENTO DI CINICO CRATETE, ALLIEVO DI Epitteto Eubulide
LL’AUTUNNO ’E MO’
***di Pietro ZURLO***

***
E’ triste chistu viale chino d’arbere,
ca ’o viento ’e sbatte forte ’a ccà e a llà;
cadono ’e fronne, ma nun so’ ’ngiallute,
ma ’o viento ’e ppiglia senza avè pietà.
***
E ch’è passata…manco na semmana,
ra quann’o sole ’estate t’’e scarfava;
’o nnammurato sotto passiava
tutto suspire co la nnammurata.
***
E pure ’o viecchio a ’o frisco arrepusava,
guardanno ’a gioventù ca s’abbracciava.
Ma mo’, poveri frònne ruciulate…
mo stanno ’nterra tutte ammuntunate.
***
Chist’autunno ca s’è apprisintato
è arrivato forte, acqua e viento;
senza pietà da l’arbere ha spezzato
’e fronne ancora verde chiene ’e vita.
***
Chist’è ll’autunno ’e mo’ doppo l’estate!
*************************************
*Cinico Cratete:
Confucio un giorno domandò al suo allievo Soseki cosa desiderasse di più nella vita. Ed egli così rispose: < Immergermi nell’acqua limpida, sentire il vento che scorre, comporre versi e tornarmene a casa >. Ecco, don Pietro sa camminare per i viali alberati con l'attenzione dell'osservatore sensibile, sa ascoltare la natura e poi scrivere poesie. Per certi aspetti gli sono grato, perché in questi tempi di ipermodernità sono sommerso da una valanga di astrusità poetiche. Una cosa insopportabile: rifiuto delle regole letterarie, ortografia da caverna, grammatica-sintassi-interpunzione all'ammasso, ecc. Questi scribacchini illetterati, il credereste, vanno fieri della loro ignoranza, sbandierandola con convinzione ai quattro venti.
Il nostro Zurlo, no. Le sue liriche sono un esempio di comprensione tematica, sono scritte per farci riamare la Poesia. Ma, dicono, siete dei Matusalemme fuori dal tempo!
Invece siamo gli ultimi difensori di un linguaggio percepibile da tutti, come la buona scuola di un tempo ci ha lodevolmente insegnato.
Eccomi tornare alla proposta dell'Autore.
Mica è semplice saper descrivere la natura nella sua essenza senza scadere nell'usuale e nel prosastico. Occorre quel tocco leggero e significante che sappia rendere la sorpresa e l'incanto delle immagini. Qui don Zurlo c'è riuscito splendidamente senza stancare la lettura: flash in rapida successione a costruire un intero panorama autunnale. Con un'ombra di mestizia frammista alla bellezza cruda della entrante stagione, ricca di frutti e di ricordi.
Cinico Cratete.

giovedì 14 dicembre 2017

Mai abbastanza
di Epitteto

Vi sono autori Fb che non ne hanno mai abbastanza.
Pubblicano su un'infinità di siti, blog, rubriche, ecc. le proprie < opere > poetiche ( si fa per dire... ) in cerca disperata di consensi ed esaltazione.
Cosa poi se ne facciano non è dato di sapere.
Ovviamente dopo aver subissato parenti, amici e conoscenti di raccolte in eleganti libretti stampati a proprie spese.
Non contenti, fondano anche appositi club a promozione del tutto.
Infine partecipano con dovizia ad una miriade di concorsi letterari, vernissage ed altro mettendosi bellamente in mostra nelle pose più ridicole.
Dando la scalata ad una notorietà che purtroppo resterà confinata nei circoletti da loro promossi.
Una forma, questa, di narcisismo patologico e perverso: una grave malattia psicologica che sta aumentando nel sociale moderno.
E' uno stato depressivo grave che alla fine porta all'autodistruzione del sè.
Parola di strizzacervelli.

martedì 12 dicembre 2017


Due scarpe
di Herry Frux

Trovai un paio di scarpe non proprio nuove.
Ma qualcosa mi diceva che mi sarebbero servite.
Così quasi di nascosto le presi
( non c'era nessuno con me),
eppure nonostante
fossero lì

-da sole- sembrava stessi
rubando "al nulla" o forse lo feci!
Così, me le infilai,
nonostante mi stessero un
po' strette e andai.
Camminai,
senza pensare a nulla,
non mi sembrava vero
ritrovare quella
sensazione che mi aveva
abbandonato ormai da tempo
e nuovamente riuscire a farmi
star bene.
Così decisi di lasciarle ad un ragazzo
che era lì a guardare da un bel po'.
Se non altro avrei soddisfatto la sua curiosità...
Son certa che le avrebbe provate...e il suo cuore Lo avrei sentito respirare anche in lontananza.
******************************
Commento di Epitteto:
Centinaia di poesie lette qua e là, un pò tutte copia-incolla del già sentito.
Ma quando incontro Herry Frux Cataldi la mia attenzione si polarizza sul nuovo.
L'originalità di questo testo, al pari dei precedenti, mi sorprende per la freschezza del dire.
Talora m'attardo a pensare se trattasi veramente di poesia, attesa l'irregolarità della stesura compositiva.
Ma alla fine questo moderno mi convince e resto colpito nell'intimo.
Un paio di scarpe vecchie.
Per camminare in una nuova dimensione che arricchisca l'animo esacerbato.
Per poi farne dono al prossimo in un cammino di speranza.
Ecco, sono molto critico sui messaggi nascosti nei versi d'Autore.
Ma qui le sensazioni interiori si risvegliano d'incanto e ci portano in lidi lontani, forse in attesa di un futuro migliore.
Grande, grande Poetessa la mia Herry, così tanto provata dalle avversità della vita.

lunedì 11 dicembre 2017

La brutta fine
di Epitteto

Le coppe, le targhe, le pergamente sportive, letterarie e non sono la triste conferma della precarietà umana.

Attestano l'attimo del successo e il triste tramonto di un passato.
Un tributo all'impegno e valore del concorrente, con segnata la vergognosa fine nei ripostigli di casa e a tempo debito nei rifiuti e immondezzai.
Intanto, quando fanno bella mostra di sè tutt'intorno, sollecitano la vanagloria del vittorioso e l'ammirazione degli astanti.
Naturalmete, se di valore, ci penseranno i ladri a farne razzia.
Nel frattempo, i familiari per fare spazio, li utilizzano per gli usi più diversi, inconsci di tanto riconoscimento.

domenica 10 dicembre 2017


L’ACCHIAPPANUVOLE di Piero Lo Iacono

Amici mi troverete
sulle rive dello Scamandro,
ad accordare le corde di una lira,
al disormeggio del fiume col puleggio,
là sulle corolle del giusquiamo
e gli asfodeli di rugiade e le ferule,
sotto i loro tremuli ombrelli ceruli.
Sul neo nero di una coccinella.
Nelle capsule inesplose dell’euforbia.
Nelle ampolle chiuse dell’ibisco.
Tra i serrati calici nivei del giglio.
E le gemme canforate.
E la cornucopia camusa dei frutti.

Ho fragole a volontà e a tutte le ore
invito i faggi e le conifere.
Lascio allora questo avviso sulla porta:
“Sono andato nei campi
per conoscerli di persona.
Non preoccupatevi.
Non sono scomparso.
Tornerò domani se posso.
Firmato l’acchiappanuvole”
Cercatemi qua in questi posti improbabili
dove al tuo piccolo occhio si offre l’universo.
Perché qua io divengo ascolto. Una seconda vista.
E ascolto persino il mio ascolto.
Qui amici ritrovo quelle scintille di piacere
che la sazietà ci ha fatto perdere.
Riscopro qui il limone risaputo che respiro
ad occhi chiusi.
Se si fa molta attenzione -dicono- si
possono sentire i fiori che sbocciano.
Oh essere il geranio in grado di bucare le macerie
e le necropoli... il nenufaro che rampolla dal fango.
Che forza insospettata innerva il loro tralcio-lazzaro?
La loro radice-euridice e li spinge a rifiorire?
Che azimut collocato tra la gemma e la geenna?
Il boccio o la morte?
Ecco se volete mi trovate qua.
Mangio farfalle giapponesi
da un ciglio fiorito.
Lascio le api venirmi sulle labbra.
Il profumo annulla l’olfatto.
Neppure i segugi mi ritroverebbero più qui.
E da un calice di pistilli bevo
un goccio di amnesia.
Fotografo lampi.
Scavo fuochi.
Fiuto fiamme e orme.
Archeologo di inferni.
La luna già gioca col sambuco,
si sdraia sulla sua ombra
e la ricopre d’argento.
Con la sua lingua luccicante.
Che importa che sia solo io a stupirmene?
La luna è piena, pronta per imbottigliare. Prego!
Come un’ostia redime la palude col suo plenilunio.
Qua dove sono, son rimasto da solo fino a notte
finché l’aurora non ha rosseggiato
coi suoi barbagli d’oro agli orli.
Perdonate amici son contumace ma appassionato.
Se oggi venendo non mi troverete.
(Piero Lo Iacono)
 
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Commento diEpitteto:

Arrivare alla fine è stata un'impresa.
Con un paio di volte tentato di gettare la spugna.
Poesia o prosa incolonnata?
Piuttosto un'ode di contenuto etico-naturalistico?
Mah, intanto il lettore è travolto da una valanga di vegetali d'ogni tipo e qualità in rassegna educativa.
Impossibile da memorizzare e forse mai sentiti.
E alla fine dello stordimento ci si chiede < e allora cosa si vuol dire? >.
Domanda oziosa, dicono i saputelli, in poesia non ci sono risposte.
Ognuno se le dia e tutti felici e contenti.

sabato 9 dicembre 2017


Muss: Taci, il nemico ti ascolta!
di Epitteto

Lo spirito di Facebook e di tanti social/siti/blog, ecc. è di farci accapigliare tra di noi.
Così loro ci prendono la fotografia...
Come non mai, nella rissa esponiamo il peggio di noi.
Così si allenta la nostra attenzione e i furbacchioni della Rete ne approfittano ai loro fini reconditi.
Siamo tutti schedati, i big data commerciali vanno a nozze con gli spioni di Stato che ci sorvegliano per tenerci tutti sotto controllo a nostra insaputa e spese.


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Commento di Roberto Rubrus Rossi:
Be', se così fosse aiuterebbe accapigliarci meno. I
In realtà i "data" non sono solo nelle mani degli stati - il che di suo è già un po' inquietante - ma anche nella mani di privati, multinazionali - sovente più importanti di tanti stati, che chissà chi sono e che cosa ne fanno (lo sappiamo solo in parte). Adesso poi siamo arrivati ai bitcoin -a mio parere la bolla finanziaria / speculativa che ci getterà nella prossima crisi, non tanto o non soltanto perchè a questa valuta virtuale non corrisponde alcun valore reale (in fondo la convertibilità in oro della moneta è un ricordo), ma perchè non si sa chi sia il proprietario dei bitcoin e non si s da dove vengano (sono la moneta preferita della criminalità, infatti, perchè difficile se non impossibile da tracciare e facile da riciclare).

venerdì 8 dicembre 2017

I tre generi
di Epitteto

Giorni fa in Tv ho visto Cecchi Paone tutto indaffarato ad esser gay.
A scuola mi hanno insegnato fin dalle elementari che esistono tre generi: maschile, femminile e neutro.
Oggi che i maschi si confondono con le femmine e viceversa in confusione di ruoli e di sesso, forse i generi si sono ridotti a due, maschifem e neutron.
Ma no, l'è tutto sbagliato, tutto da rifare...
UN'OTTIMA POESIA...UN GRANDE COMMENTO!
‎Cinico Cratete‎ a Pietro Zurlo
8 dicembre 2012 alle ore 15:36 ·

In silenzio
di Cosimina Viscido

Ci guardavamo
in silenzio
l'uno dentro l'altro
Il mio viso si confondeva
nel tuo viso
ed il tuo cuore batteva
dentro il mio
I nostri pensieri non erano parole
ma un'alcova di gesti
assetati d'amore
e il silenzio
il nostro silenzio...
Un purgatorio fisso
che non mi so liberare.
*************************************
* Cinico Cratete:
Non c'è niente da fare.
Le donne hanno una sensibilità sentimentale del tutto particolare.
Penso che le loro emozioni siano soprattutto interiori, con una delicatezza soffusa.
Mentre i maschi hanno una passionalità di tipo muscolare, circoscritta nel tempo.
La voce narrante in questi versi non agisce per fare, ma semplicemente si dona con tutta se stessa.
La bellezza di questi versi non sta nel dire, si disperde nel silenzio che accomuna due esseri, più e meglio di mille azioni.
Il tema scorre pulito nella chiarezza del linguaggio, senza ricorrere a retoriche fasulle.
Forse l'ultimo verso reclamerebbe un complemento di specificazione ( < di cui > ), anzichè quello oggetto ( < che > ).
Una delle liriche migliori che ho letto.
Cinico Cratete.

giovedì 7 dicembre 2017


- NUDITA' DELL' ALBA -

Danzano fanciulle
su arazzi lunari ,
rondini notturne
garriscono
verso innocenza d' astri .
ali e criniere :
arabeschi di cavalli
e' il cielo .
Gli occhi sollevano onde ,
ridiscendono luce
fra oscillanti alghe .
Fiori pensili :
illusione armonie
di corolle .
Navigli cancellano maree
e insidie lunari . L' anima
rinasce fra le spume
nella casta nudita' dell' alba .
- MARIA TERESA LIUZZO -
**********************************
Commento di Epitteto:
Mah, io all'alba tutte queste cose mica ce le ho viste mai.
Sarà che sono un prosaicone della madonna.
Oppure con gli occhi rivestiti di fette di salame.
Una retorica ingombrante, che alla fine intasa una chiara visione d'insieme.
La mia anima invece si nutre della semplicità del dire.
Bisogna guardare con l'innocenza di un bambino per cogliere l'essenza della vita e della natura.
Il mukbang
di Epitteto

Dalla Corea del Sud è sbarcato un nuovo modo di mangiare.
Il mukbang ( crasi di trasmissione con cibo ), cioè quello di riprendersi in video mentre si mangia da soli, in silenzio, abbuffandosi.
Una pratica quasi pornografica, all'insegna del < mangiare con una mano sola, la mia >, una forma di onanismo culinario ripreso dalla telecamera.

mercoledì 6 dicembre 2017


Antonella La Frazia
3 h

Maria (La follia)
Li vedo, sai,
venire dalla mente.
Coi loro camici
troppo stirati,
troppo perfetti.
Mi uccideranno,
io sono la strega.
Forse mi bruceranno.
Mi dicono che io sono Maria.
Maria
con gli occhi fissi al muro.
Maria
che ride e piange per nuvole.
Maria
che abbraccia l'aria per amante.
Mi uccideranno,
io sono la strega,
e volerò sulla mia scopa
un giorno.
Ma qui ci sono grate
alle finestre,
e qui ci sono gabbie
per noi tristi.
Mi uccideranno,
io sono la strega,
e lancio malefici
alle paure
e dormo poi
intere settimane.
Mi uccideranno,
io sono la strega.
Mi dicono che io
sono Maria,
mi dicono
che non è vero ciò che vedo.
Mi dicono che sono io
Maria la pazza.
Mi uccideranno un giorno
io sono la strega.
Antonella La Frazia
***************************
Commento di Epitteto:
La follia mi ha accompagnato in passato, come operatore del settore.
La denuncia mi è ordinaria, anche se troppo costruita.
Mi son sempre chiesto il grado di coscienza effettiva, al netto della sofferenza.
Ai tempi le pillole colorate erano le moderne camicie di forza.
Camminavano anche seminudi, lo sguardo perso nell'infinito, gli impeti improvvisi.
Basaglia non c'era ancora, ma c'erano la solitudine interiore e il buio della mente.
E l'affanno dei familiari.
L'uccisione non era degli umani, ma di un dio, se esistente.
Il testo in lettura ha il sapore di denuncia sociale, ma senza responsabili.

José Russotti
 
Dove sei?
Nel sospiro che ti sprona
come una lunga narrazione prediletta
sussulti inappagati e mai spesi
ingombrano ogni centimetro
della tua nitida pelle
Spoglia di semplice sasso
sul greto del lurido fiume
attendi l’ultimo grido fluire
dal fondo dei miei sensi
Amore spento di polvere di luna!
Amore di fragile attesa, dove sei?
Ti sento ancora fremere
come esile foglia autunnale
ma la distanza non ha limiti:
solo lo splendore dei tuoi occhi!
Solo la croda folta di floride ginestre!
José Russotti
************************
Commento di Epitteto:
Adesso Russotti mi avrà ben capito.
Dopo i miei alti e bassi commentizi.
Le allegorie non mi commuovono, peggio se profuse.
Capisco che è uno stile letterario, ma preferisco un approccio sobrio e diretto.
In genere sono le lettrici ad apprezzare gli sdilinquimenti, per via della loro natura delicata e sognante.
Poi ci gioca alquanto il fatto che la vita mi ha fatto ricredere sulla donna angelicata: adesso solo una < botta > e via.
Ancora poco e i due sessi si annienteranno a vicenda: si è partiti con le denunce di molestie sesssuali...
Arriveremo ai posti di lavoro separati e blindati, poi nelle stanze da letto coniugali, e così via.
A prova di difesa dalla galera.
E la poesia in lettura? Insomma..
Le parolacce
di Epitteto

Il congiuntivo è morto, l'interpunzione è morta, grammatica e sintassi defunte, e anche l'italiano non si sente troppo bene...
Specie in poesia.
Recentemente sono stato redarguito aspramente per aver commentato con parole licenziose.
Grave reato di impudicizia, si è sentenziato, reclamando a furor di popolo la mia testa.
Ma sentite cosa scriveva il Leopardi insigne:
- < ...ieri fui da Cancellieri, il qual è un coglione... >.
- < Pare che questi fottuti romani che si son fatti..., quasi che la natura umana per coglionesca che sia... >.
Ma se cotal poeta diceva impunemente le parolacce, perchè non io?
Infine era anche un acceso maschilista, il grande recanatese: < Queste bestie femminine... sono piene di ipocrisia...non la danno... se non con infinite difficoltà... >.

martedì 5 dicembre 2017

Il pesce
di Epitteto

In poesia l'acronimo era un tempo diffuso, ora non più: una semplice curiosità di abilità stilistica.
L'acronimo più famoso è < Ἰ χ θ ύ ς > che in greco antico significa < pesce >.
Ciascuna delle cinque lettere stava per < Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore >.
Tant'è che ai tempi delle persecuzioni dei primi cristiani, costoro per riconoscersi in segreto solevano disegnare un pesce stilizzato.
Il bello è che un prete, a cui avevo disegnato sulla sabbia un pesce chiedendogli cosa rappresentasse, candidamente mi rispose che non lo sapeva...
Dicembre vicchiarello
di Pietro Zurlo

Dicembre, ’o vicchiariello c’’o bastone,
cammina chiano…nun ce vere bbuono;
’o sole è nu miraculo si ’o vvede…
’o maletiempo p’isso è ’o tirapiede.
Jennaro, ’o piccerillo ’o sta aspettanno,*
tene n’appuntamento e ’un ppo mmancà;
va justo justo pe’ lla fin’e ll’anno,
pecché tutt’e ccunzegne l’hadda rà.
Sultanto tanno po’ gghì a rripusà…
e truvarrà chi è mmuorto primma d’isso;
Nuvembre, Ottobbre e ll’ati a gghì a scalà,
ca ’ncopp’o calennario erano misso.
Giesù Bammino l’hadda vattià…*
c’’o friddo e ’o ggelo, e nun è nuvità;
’ntramente affonna e arranca a ccammenà,*
cu’ ’a neve ca ’e ddenocchie arriva ggià!*
LEGENDA
Jennaro=Gennaio,
L’hadda vattià=Lo deve battezzare,
’Ntramente affonna e arranca=Intando affonda,
Denocchie= Ginocchi.
****************************************
*Franco Melzi:
Io adoro il mese di dicembre, il Natale e tutte le feste. Con il presepe poi ho un rapporto particolare. ne faccio uno ogni anno e sempre diverso dal precedente. Non sono più credente ma resto molto attaccato alle tradizioni. Di questi tempi il presepe è argomento scottante, qualcuno li vorrebbe sopprimere nelle scuole e negli ambienti pubblici per non disturbare coloro che sono di diversa fede. Chi se ne frega, dico io, toglieteli pure da tutte le sedi pubbliche e fate un po'come vi pare. Io sono per la tolleranza e non ne faccio una questione di principio. Me lo faccio a casa mia il presepio e voglio vedere se qualcuno a poi qualcosa da ridire.
Caro Pietro non sono un esperto ma credo che in questo genere di poesia tu ti sappia esprimere al meglio. Sei padrone della lingua e hai un bel piglio. Inoltre ti invidio assai assai la fantasia e la capacità di trasformare le cose più semplici in poesia. E' una sensibilità innata che fai bene a coltivare. E non lo dico tanto per dire, ne sono convinto.

**Epitteto:
Anch' io concordo con Franco,
sulla bellezza travolgente di questa poesia.
Quando don Pietro Zurlo scrive in vernacolo supera se stesso ed ogni altro.
Penso che sia un dono di pochi, tanto che mi permetto d'invidiarlo.
La metrica sillabica , tanto bistrattata dai modernisti nostrani, qui è impagabile: dona ritmo cadenzato a tutta la lirica, facilitando lo scorrere del verso.
Credo anche che la forma postata non irrigidita ma alternata doni un'ottima visione d'insieme.
Infine la fantasia, pur su un tema tanto sfruttato.
La quale danza leggera da un'invenzione letteraria all'altra.
Caro Pietro, io non credo alle classifiche concorsuali.
Ma al mio fiuto poetico, ben condiviso da Franco, che in questo caso fa balzare il testo al primo posto delle mie ed altrui preferenze.
Anche la mia adorata Santippe, pur molto frenata nelle sue pulsioni narrative, nel leggere questo capolavoro di semplicità si è molto emozionata, specie per la bellezza dell'alternanza dei mesi dell'anno.
Bravissimo, Siddharta/Epitteto.

lunedì 4 dicembre 2017


Filosofia dell'alimentazione
di Epitteto

L'uomo è ciò che mangia (1862, Feuerbach ).
La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e sociale.
I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e di anima.
L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento.
Se volete far migliore il popolo, invece di Ave Marie, dategli un’alimentazione migliore.
Di qui il postulato che i Poeti dell'oggi scrivono fesserie perchè mangiano porcherie.
Quelli dei secoli passati erano sublimi perchè mangiavano genuino...

sabato 2 dicembre 2017

PENSIERO CINICO DELLA SERA

Noi abbiamo una sola vita, mentre i nostri desideri e sogni ne costruiscono altre mille. Insomma Platone aveva ragione: la Poesia è finzione.
L'abisso tra quello che siamo e quello che vorremmo essere viene colmato dall'immaginazione e dalla fantasia.
Con la Poesia la nostra esistenza diviene nel contempo realtà e irrealtà, storia e favola, vita concreta e avventura meravigliosa.
Non è dimostrabile che la Poesia abbia contribuito a far avanzare di un tantino l'umanità verso la libertà, la giustizia e la pace.
Tuttavia talora ce ne ha dato l'impressione leggendo i Grandi della letteratura.
Attraverso di essa inizia sempre un viaggio, quello di uscire da se stessi per trasformarsi in altro per qualche momento.
Per poi riedere in noi trasformati e rassegnati a tirare la carretta quotidiana...
Meditate, genti, meditate.
Cinico Cratete.
Pensiero del mattino
di Epitteto

Una pubblicità recita:
< Fatti un regalo: per il prossimo anno, cancellati da Facebook! >.
Già, ma poi io da autentico pirla, con quali altri pirla mai potrei colloquiare?
SE FOSSI - PEPPE CASSESE

Se fossi il sommo Epitteto
sarei un verso ibleo
un poco epicureo
e mi alzerei nel cielo
con tutta la saggezza
di quel fervore e zelo
che il volgo raro apprezza.

Se frate Salimbene
darei qualche cadenza
con lubrica licenza
al folle e alla pazzia
incerto se il programma
con tutta la regia
avesse un’altra gamma.
Se fossi poi Cratete
avrei altro da fare
ma ho solo questo mare
con satiri e sirene
in acque ormai scontate
dal grido dell’imene
nell’onde sparpagliate.
Se fossi alfin Siddharta
starei perdutamente
tra voi e tra la gente
di certo il dio nessuno
presente col passato
e senza dubbio alcuno
il quarto in comodato.
Ma sono solo Hal
se vuoi il tuo chatbot
e dico sempre no
a queste fantasie
condite con successo
ma sono cose mie
per cui saluto e cesso.

********************************************
Commento di Epitteto il giovane:
Beh, dopo secoli di esaltazioni e reprimende, il grande frigio meritava una riabilitazione nel tremila.
Ci ha pensato GiuPeppe Cassese, con uno stornello dal sapore menestrello, semplice, diretto, affabulatorio, persin
o claudicante, come lo stoico storpio.
Pensate che Epitteto veniva studiato e applicato come regola di vita esemplare persino nei conventi e monasteri cristiani medievali.
Poi espunto perche faceva ombra al credo della Chiesa, ai suoi santi, alla condotta ignominiosa dei religiosi del tempo.
Il < Manuale > di Epittetto il Grande dovrebbe figurare in ogni casa, accanto e meglio della Bibbia.
Chi vi si applica, non sentirà più né gioia né dolore , ma imperturbabile se ne andrà sereno per le vie del mondo.
Bravo in nostro Autore, a diffonderne la voce.

venerdì 1 dicembre 2017

Canterò le mie canzoni
di Totò Mirabile

Canterò le mie canzoni
ed il mio canto avvolgerà
il tempo per avvolgere loro
e ascolterò i loro pensieri.

Farò sempre della mia vita
un percorso per i miei figli
ed i miei figli saranno ricchi
di generosità ed amore.
Il mio scrigno è vuoto
di denari, brillanti e rubini
ma il mio cuore è pieno
di sacrifici e privazioni.
Li amerò come la rondine
che ma la primavera
e poi vivrò ancora in loro
con il loro frutto della vita.
********************
Commento di Epitteto:
L'Autore fa bene a lanciarsi in canti di glorificazione della sua prole.
L'amore paterno così esige a tutte le latiitudini.
Ma forse i risultati potrebbero non essere pari alle aspettative.
I figli sono frecce scagliate nell'ignoto, ognuna con proprie direzione e destinazione.
Le mie considerazioni saranno anche anodine, ma mica mi lascio commuovere.
Innanzitutto aver procreato è indice di estremo egoismo.
Perchè nel dare la vita, decretiamo anche la morte.
Con tutte le altrui disperazioni del caso.
Poi perchè i figli non saranno mai a nostra immagine e somiglianza come si spera.
Chissà quante delusioni nell'andar del tempo, che non è qui il caso di elencare.
E allora?
Cantiamo, cantiamo pure, nell'attesa che non sia voce al vento.
Intanto è da apprezzare lo sforzo di gioia e speranza di cui trasuda l'intero componimento.