venerdì 2 novembre 2018

Testimonianza
di Epitteto

Si viveva allora, in certe zone di alta montagna, allo stato quasi primitivo.
Per la figliolanza numerosa ( un nato all'anno, con la Chiesa benedicente,,, ), l'ambiente ostile, la scarsità alimentare, le ristrettezze economiche, l'analfabetismo diffuso.
Nei rigidi inverni, tra neve, gelo e isolamento abitativo, persino i morti dovevano attendere la sepoltura alla fine dell'inverno.
Frattanto venivano conservati sic et simpliciter in legnaia o fienile, all'addiaccio, in attesa del funerale al primo disgelo.
Le casse da morto erano pressapoco: se troppo piccole, si rompevano le gambe al defunto per farcelo stare.
Le preghiere di veglia duravano tre giorni ( fosse mai che si trattasse di morte apparente... ).
I monelli di famiglia erano in tanti e per tenerli buoni s'usava legare una fune al piede, al braccio, ecc. del morto: poi di tanto in tanto un adulto di nascosto dava uno strappo al legaccio, movendo la parte del cadavere, tra gli urli di spavento dei mocciosi.
Alla figliolanza di dieci e più discoli si provvedeva anche con l'avvio ai seminari, dov'era assicurato il pasto giornaliero, benchè scarso.
La parentela familiare s'estendeva fino ad oltre trenta individui.
A Napoli, da piccolo, vidi bande di piccini seminudi e senza scarpe scorrazzare nel centro città.
Tempi duri, amici miei, ancor più duri con la guerra in corso.
Apollo

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