lunedì 25 febbraio 2019


Inno a l’albero
di Nazario Bruno

Albero maestoso che protendi
il tuo alto fusto, e i rami, al cielo,
o con generosi frutti pendi,
dopo aver sofferto vento e gelo;


albero divino che rinnovi
con le verdi fronde il tuo sembiante,
e che ascolti il vento, e che ritrovi,
nella stagione bella, sfavillante

nuova lucentezza di colore,
immobile nel giorno e nella sera,
tu vivi come vuole il tuo Creatore,
sereno ne l’inverno e a primavera.

Non ti lamenti del tuo stare immoto,
non cerchi altre spiagge ed altri lidi;
rifugio degli uccelli, tu, devoto,
offri riparo a tutti e gli sorridi.

Mantieni saldo il mondo, e le radici
protendi nella nuda madre Terra;
accogli il lampo e il tuono e benedici
la pioggia o il sole che i suoi dardi sferra.

Tu di vita sei emblema, e di saggezza
e conduci esistenza silenziosa;
rinasci come nasce giovinezza
e a l’ombra tua il cuore si riposa.
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Commento di Epitteto:
Sì, ben equilibrata nel suo lungo esternare.
Soprattutto sentita, quasi un canto d'ammirazione e d'amore per la natura.
In tempi in cui l'uomo distrugge clima, vegetazione, insetti, ecc. nella sua folle corsa al progresso.
Ogni anno vengono desertificate aree pari alla superficie della Svizzera.
E pensare che un tempo certe tribù indigene chiedevano scusa alle piante che intendevano abbattere.
Qui ci abbiamo un albero d'annata che silenzioso svolge il suo ruolo naturale, con frutti, rifugio ai volatili, ombra ai viventi, maestoso e solenne.
E mi sovvengo di anni fa, quando degli scriteriati ebbero ad abbattere nei pressi di casa mia un filare di annosi tigli per allargare una stradale, piante amiche che mi sorridevano fin dalla mia prima infanzia.
Sì, le piante sono esseri viventi, seppur fissati al suolo agitano notte e dì le fronde al vento, e paiono parlare al cuore.
La poesia in lettura rientra nel filone del carme arcadico, un inno alla terra madre d'ogni vivente.
Bravissimo, Epitteto

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