martedì 28 agosto 2018
Mi si sono accesi i ricordi
di Epitteto
Di quando in paese le quattro Autorità erano il sindaco, il parroco, il medico e il farmacista.
Il medico condotto era anche ostetrico.
La borsa dei ferri conteneva vari strumenti meccanici, tra i quali il divaricatore ed il forcipe.
La mancanza di cultura antisettica era diffusa: dopo un parto ci si sedeva a tavola senza lavarsi le mani.
Le febbri puerperali trionfavano falcidiando le partorienti.
Le infezioni da ascesso in regione contadina erano diffuse: si incideva a croce il flemmone profondamente col bisturi, si faceva spurgare il pus fino a sanguinamento, si inseriva nella ferita mezzo metro di garza a strisce, ripetendo l’operazione ogni tre giorni ma con garze sempre più ridotte fino a rimarginazione.
Per le botte con sangue rappreso si applicavano le mignatte.
Le ferite da taglio venivano suturate con aghi d’acciaio ricurvi e filo di seta, a mani nude.
Agli idropici si bucava la pancia con uno stiletto cavo da cui uscivano litri di acqua e siero.
Per la pressione alta si praticavano i salassi, col sangue che schizzava al soffitto e poi nella bacinella.
Agli infiacchiti stagionali endovenose di calcio ( lentamente ), giorno sì e giorno no.
Le analisi delle urine alla buona, in provette con reagente fatte frullare velocemente in giroscopio manuale.
Niente stetoscopio, si auscultava poggiando direttamente l’orecchio gelato sulla schiena ed il petto, col fatidico < trentatre >.
La penicillina non esisteva ancora.
La < Scuola salernitana > andava per la maggiore: famoso era il trittico < dolor, rubor, calor > per determinare se l’ascesso era giunto a maturazione e quindi da incidere.
Dimenticavo: il medico condotto era anche un cavadenti, senza anestetici.
A che pro continuare?
Tempi duri, vero?
Barabba.
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