EPITTETO: Spaziando su
“Ermeneutica della toilette”
Vi starete chiedendo il perchè di un così scomodo argomento. Eppure è
proprio perchè un simile tema risulta improprio ad un’indagine
filosofica che merita di essere approfondito. Il concetto di igiene
affonda le proprie radici, come spesso accade per ogni argomento
generico, in un sostrato mitologico. Deriva etimologicamente dalla dea
Igea, che i romani importarono dalla Grecia. Igea era la figlia di
Asclepio, il mitico fondatore della medicina; ella veniva
tradizionalmente raffigurata nell’atto di porgere una coppa a un
serpente assetato. E il veleno del serpente era noto in Grecia come
phàrmakon (ricorda qualcosa?).
Igea, di Gaetano Monti, 1836.
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Il mito di Igea traccia chiaramente una connessione fra igiene e
salute, una connessione non banale se consideriamo che fu stabilita
qualche migliaio di anni fa. Conseguenza diretta di questa mentalità
erano le terme romane, dove la cura per il corpo e la pulizia personale
erano una pratica collettiva e sociale. L’amore per il corpo della
società romana verrà cancellato dalla mortificazione della carne tipica
della morale cattolica. Per esempio nella Lettera di San Paolo ai Galati
troviamo scritto “Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà
corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita
eterna”; mentre Giovanni Crisostomo afferma “È tempo di passare al
desiderio della carne. Come riusciremo a incatenare questa belva? Quale
freno le imporremo? Non ne conosco altro se non l’inferno”.
Il
legame fra igiene e salute suggerito dalla mitologia antica è ancor meno
banale se si pensa a ciò che accadde durante il Medioevo: si diffuse la
credenza che l’acqua, entrando nei pori della pelle, trasmettesse
malattie e pestilenze. L’uso dell’acqua fu abbandonato quasi
interamente. Escrementi ed escrezioni venivano semplicemente accumulati
in secchi e in seguito gettati per strada. Il puzzo ammorbava le città,
non più rifornite da efficaci sistemi fognari come accadeva nella Roma
antica. Ovviamente malattie e germi si giovavano di tali fertili
condizioni e si diffondevano a macchia d’olio, come accadde per la
celebre peste bubbonica del Trecento.
Per ovviare agli umori
corporali pestilenziali a partire dal Rinascimento si cominciò a fare
ampio uso di profumi per mascherare la sporcizia. Tale usanza perdurò
fino al Settecento, quando finalmente si iniziò a pensare che forse (e
dico forse) era meglio reintrodurre periodiche abluzioni. A quest’epoca
risale la costruzione e l’inclusione dei bagni nelle abitazioni private.
Verso la metà del XVIII la regina Maria Carolina di Napoli rubando
l’idea alle prostitute francesi sdoganò l’utilizzo di un “immondo
strumento di meretricio” che ora siamo soliti chiamare bidet.
Il
resto della storia lo conosciamo, giunge sino a noi. Ma perchè
quest’indagine possa divenire filosofica, oltre che storica, bisogna
aggiungere qualcosa. Secondo Freud il controllo dello sfintere
rappresenta per l’uomo occidentale il primo senso di colpa, il primo
senso di responsabilità, il primo impulso ad agire sul mondo, il primo
impulso creativo. Come mai? Il primo senso di colpa, perchè uno sfintere
senza controllo è biasimevole in una civiltà progredita e il bambino
percepisce inconscia disapprovazione per la sua incapacità di controllo.
Il primo senso di responsabilità, poichè quando impara a controllare lo
sfintere acquisisce un senso di responsabilità che è, sempre secondo
Freud, l’origine del senso morale, della distinzione fra buono
(esercitare il controllo) e cattivo (non riuscire ad esercitarlo). Il
primo impulso ad agire poichè l’escremento rappresenta un elemento
esterno a sè, qualcosa di sgradito, da censurare (“escremento” dal
latino ex+cernere, cacciare fuori; “cacca” dal greco kakà, cose cattive;
“merda” dalla radice indoeuropea *mard, che indica l’orrido). Infine,
il primo impulso creativo poichè nonostante l’accezione fortemente
negativa, l’escremento è qualcosa che effettivamente produciamo.
Ora è interessante invece denotare alcune cose riguardo alla cultura
giapponese, impregnata di filosofie naturaliste come il Buddhismo e il
Taoismo. In oriente la qualità dell’igiene è attestata sin dalle prime
testimonianze storiche. Le fognature e le camere adibite alla toilette,
ovvero alla pulizia del corpo, sono sempre esistite, particolarmente in
una società come quella giapponese. La parola kirei 奇麗 (pulito) è
sinonimo di “bello” e “giusto”. Il bagno giapponese tradizionale
solitamente veniva separato dalla casa attraverso un corridoio, oppure
collocato vicino all’entrata, possibilmente vicino al giardino; la
ceramica e il vetro, materiali luminosi e brillanti, non venivano
considerati adatti. Piuttosto, venivano impiegati il legno e la nuda
roccia. La sua particolare posizione e i materiali utilizzati
contribuivano a creare un’atmosfera intima e raccolta, che richiamava al
mondo naturale e ai suoi cicli spontanei. Il romanziere e filosofo
Junichiro Tanizaki (autore del romanzo “La chiave” da cui fu tratto il
celebre film erotico di Tinto Brass) scrisse nel 1933 “Rispetto agli
occidentali, che considerano il bagno come un luogo sporco a prescindere
ed evitano persino di menzionarlo in una conversazione educata, noi
siamo molto più educati e certamente di miglior gusto”.
Un tradizionale gabinetto giapponese. Non vi fa sentire più protetti, più al sicuro?
Un tradizionale gabinetto giapponese. Non vi fa sentire più protetti, più al sicuro?
La differenza di materiali (legno/roccia contro ceramica/vetro), la
differenza di atmosfera (penombra contro piena luminosità) e la
differenza di collocamento (all’esterno o proteso verso di esso/al
centro, teatro operativo delle funzioni biologiche), sottolinea forse
una differenza culturale importante: mentre nella nostra civiltà persino
l’espletamento delle funzioni organiche è subordinato a una valutazione
sociale (la “responsabilità dello sfintere” suggerita da Freud), in
oriente le funzioni naturali evocano, ben più comprensibilmente, il
mondo naturale. Quali i motivi di tale differenza? A mio parere un ruolo
chiave fu giocato in occidente dalla morale cristiana, avversatrice del
corpo, della carne e della carnalità, fautrice invece del contemptus
mundi, dell’esaltazione del trascendente rispetto all’immanente,
dell’anima rispetto al corpo. Al contrario in oriente filosofie di ampia
diffusione e penetrazione come lo yoga, il Buddhismo e il Taoismo hanno
sempre concepito il corpo come un’interazione di pulsioni corporali e
spirituali; senza mente il corpo è inutile, ma senza corpo la mente non
può esistere. In questa prospettiva unitaria dove i forti contrasti
della morale cristiana sono dissolti, le funzioni corporali non sono
nulla di cui vergognarsi, nè qualcosa per cui sentirsi responsabili: è
semplicemente il flusso della natura che scorre e si manifesta
attraverso di noi.
La maggiore "freddezza" e razionalità del bagno occidentale.
La maggiore “freddezza” e razionalità del bagno occidentale.
Questo spiega anche perchè da noi la toilette si svolge in pochi
minuti, mentre un recente sondaggio afferma che circa l’80% dei
giapponesi resta in bagno almeno mezz’ora per “perdersi nei propri
pensieri” (32,59%), “cantare” (9,71%), “leggere” (22,32%), “ascoltare
musica” (7,48%), “dormire” (4,85%).
In conclusione, nella nostra
cultura la toilette è, come spesso si dice, un’urgenza: un bisogno
impellente da soddisfare immediatamente e nel giro di pochi minuti. In
oriente ha una dimensione più meditativa ed intensa, non limitata alla
semplice espletazione delle funzioni corporee. Soprattutto, persino
attraverso l’interpretazione della toilette possiamo cogliere
retroattivamente alcune caratteristiche essenziali che ci caratterizzano
storicamente e quindi (inevitabilmente) anche come individui: la
vergogna della corporalità, la necessità di limitarla da un punto di
vista sociale, il bisogno di esercitare un pieno e funzionale controllo
sulla natura, anche quando si tratta della nostra natura. Ancora una
volta sembrano echeggiare le parole di Schopenhauer, Nietzsche, Freud:
sembriamo animati da una volontà di potere che si esprime selvaggiamente
attraverso l’illusione di un ego a cui vogliamo credere, e che è in
realtà il frutto di determinate condizioni storiche, sociali, culturali.
Anche alla toilette.
( font: internet )
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*Roberto Rubrus Rossi:
L'anonima fonte (internet?) è imprecisa e perpetua una falsa credenza e
cioè che nel medioevo dell'Europa Occidentale la gente si lavasse poco.
In realtà non è vero. Certo, il sistema fognario romano, come quello
viario, si era ridotto, ma la gente si lavava ancora con una certa
frequenza. Per esempio,nella sola Parigi, nel 1292, c'erano 25 sale da
bagno pubbliche per 250.000 abitanti. [fonte
http://www.mondimedievali.net/Medicina/altomedioevo49.htm; v. anche
http://www.perinijournal.it/.../Corpo-e-igiene...; v. anche
http://www.humanitasalute.it/.../4431-medioevo-rozzo-e.../].
Un esempio illustre di appassionato dei lavacri è Carlo Magno, che
amava, tra le altre cose, il nuoto (e si era fatto costruire una
piscina) I "secoli puzzoni" iniziano con - paradossalmente - i primi
passi della scienza moderna. Nel XVI e soprattutto nel XVII secolo, e
anche dopo, i medici sconsigliavano di fare il bagno, che era
considerato dannoso per l'organismo. L'uso di parrucche e l'industria
dei profumi conobbero un boom anche per questa ragione. L'idea che
lavarsi fosse pericoloso sopravvisse a lungo. Ancora nel XIX si
consigliavano "bagni di vapore" e saune presentati come "più salutari"
rispetto al bagno in acqua.
Medioevo e medicina, pag. 49: Approfondimenti e curiosit: l'igiene
Approfondimenti e curiosità
mondimedievali.net
**Epitteto Eubulide:
Come sempre le tue precisazioni sono puntuali e integrative: non c'è mai un limite ad imparare.
Il pezzo postato è verosimilmente di Rudi Capra, forse tratto dal suo romanzo < Memorie d'Ombra >.