sabato 30 settembre 2017

TENEREZZA
***di Maria Elena MINCIULLO***
***
Tenerezza di un'alba da scrivere,
un poeta canta parole dl cuore,
c'è silenzio nelle vie e nella case
ma i versi volano e attraversano i muri.
***
Tenerezza è il suo nome,
vive la vita vive l'amore,
con una riga cancella la pena,
la poesia è un arcobaleno.
***
Tenerezza è lo sguardo impaziente che segue la mano,
le righe del foglio son tutte vergate,
l'armonia invade le stanze
e colma una briciola di niente…di vuoto.

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EPITTETO:
La poesia è soprattutto tenerezza quando suscita sentimenti di commozione, amore, compassione e tanto altro.
Ciò sommamente nel silenzio notturno all'albeggiare, oltre ogni ostacolo domestico.
Essa si pone anche come una sorta di arcobaleno che stringe in alleanza lo spirito e la vita quotidiana.
Quando la mano stende ispirata i versi sul foglio intonso, anche l'antico vuoto esistenziale pare colmarsi d'armonia in suoni e sentimenti.
E tutto vaga dolce all'intorno.
La nostra Autrice ha saputo cogliere gli istanti di ispirazione poetica nella loro essenza più intima, coinvolgente ed eccitante.
Quivi la forma deve necessariamente cedere il passo all'impulso creativo.
PENSIERI AL VETRIOLO
di Siddharta

Certi poeti a forza di scrivere scempiaggini finiscono per assomigliare alle scimmie: le quali più salgono in alto più fanno vedere il loro culo...

venerdì 29 settembre 2017

Il balzo
di Epitteto

Lo scibile umano è andato sempre più incrementandosi nei millenni.
Negli ultimi cinquant'anni la conoscenza scientifica ha fatto balzi incredibili, più di quanto nei 200.000 anni precedenti.
Per taluni grazie a regalie degli alieni.
Solo la poesia, dopo le innovazioni dei secoli passati, ha conosciuto battute d'arresto e sembra mummificata.
Anzi, a leggere tanti Autori dell'oggi, pare evidente un arretramento culturale.
Si dicono sempre le stesse cose, per lo più malamente, con una regressione linguistica e stilistica.
A mio giudizio per la fretta di pubblicare, l'analfabetismo di ritorno, l'ansia e il narcisismo dell'apparire, perchè non si ha niente da dire...

Il Guerriero stanco
di Herry Frux

Ho fatto quello che ho potuto
perche'
la mia mano
ti raggiungesse

perchè tu la strappassi...
Niente..
il nulla
continua a seguirmi nella
testa...e le mie braccia,
man mano
stan cedendo
e tu lì,
fermo, immobile, inerte
non dai segni.
A te che mi ascolti urlo queste
parole,
...mi raccomando leggile
attentamente questa volta
fai sì che la mente si apra,
che il guerriero si svegli e
si vesta della sua piú bella
armatura e prenda il volo.
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Commento di Epitteto:
Il guerriero, dopo tanto battagliare inutilmente, ora è stanco.
L'urlo di chi gli è accanto è squassante: svegliati, vesti la corazza, continua con me a combattere, non dobbiamo darci per vinti.
La depressione della sconfitta uccide più ancora della morte fisica: perchè darla vinta alla malasorte che ci vuole nell'angolo?
Una lirica è tale se, come in questo caso, è saldamente ancorata alla realtà del vissuto, laddove prorompe alto il grido di protesta per il maltrattamento subito negli anni dal Fato.
Forse non vi saranno vie d'uscita alla sorte maligna, ma almeno la solidarietà morale del prossimo non potrà venir meno.
Eccezionale prova di maturità letteraria, questa in lettura, che sicuramente darà frutti di riconoscimento nel tempo.
Epitteto
P.S.: l'avevo quasi dimenticata per fellonia, ma nell'inconscio aveva messo radici e mi son affrettato a recuperarla...

LAMINE D’ORO….
(di Manrico BacigalupiI)

E' un turbinio di foglie nel viale.
Lamine d’oro portate dal vento;
lì, una plana, più in là un’altra sale
per poi cadere in morbido manto.

Cade la pioggia sul buon rosmarino
e il suo profumo dintorno s' espande;
là … sopra il monte, ondeggia il gran pino ;
fremon, nel vento, le verdi sue fronde.
Giunge l’autunno dai mille sapori;
profuma il bosco di mirto e cumino,
lo sguardo vaga su caldi colori.
mentre su, in alto, già stormi migranti
volano in schiera nel nuovo cammino…
come il destino dei popoli erranti !
**********************
Commento di Epitteto:
Poesia in perfetto stile classico, di carducciana memoria, che più classico non si può.
Godibilissima nella sua stesura semplice e chiara, addirittura ariosa.
Un occhio attento ai colori, rumori, odori della natura ancora incontaminata, en plein air.
Come solo un'isola compatta e sparsa nel mare aperto può regalare.
Un panorama a pieni polmoni, quale purtroppo l'urbanizzazione selvaggia dell'oggi ha altrove del tutto sepolto.
Una capatina anche semiologica?
Certo, con versi declinati in figure retoriche interessanti, quali la prosopopea, l'iperbato, la paronomasia, l'onomatopea, l'anastrofe, la similitudine comparativa, ecc.
Ottimamente, Epitteto.

mercoledì 27 settembre 2017


QUALCHE PICCOLO DIFETTO
***di Marina VITALI***
***
Dentro al letto mi rivolto
Pancia sopra, pancia sotto...
Tu non sei ancor tornato
Le lenzuola ho fradiciato...
***
Nell'attesa mi consumo
Inspirando il tuo profumo...
Sento aprir la serratura
Ora non ho più paura...
***
Ti avvicini zoppicando
E mi chiedo: "ma da quando???"...
Sei il mio amore, sei il mio divo
Anche senza un incisivo...
***
Presto, vieni qua vicino
Ma stai attento al parrucchino...
Se ti cade, detto fatto,
Rischi che lo monti il gatto...
***
Sguardo fai da pesce morto
Ed hai pure un occhio storto...
La serata sarà magra
Se non prendi un po' di Viagra...
***
Certo, avrai qualche difetto
Ma, ti prego, vieni a letto...
Tra le coltri, al buio pesto
T'amo e... "chissene" del resto!!!
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Commento di Epitteto:
Nell'antica Roma certi poeti con la satira ci campavano.
Altri furono mandati al confino a vita dall'offeso Imperatore...
Anche i coniugi dell'oggi si mantengono sul filo del rasoio perchè non sanno veramente l'uno dell'altro.
A tavola e a letto nessun rispetto, purchè nel chiuso delle stanze.
Il prossimo deve stare alla larga, altrimenti gli equilibri si rompono.
Tutti noi abbiamo un'idea surreale del partner, in bene e in male.
L'importante è sorridere ai propri limiti.
Il contenuto del testo è ben calibrato, meno la forma che s'inceppa in taluni versi.
Comunque spiritosa e coraggiosa la nostra Autrice.
Epitteto
Senza titolo
di Herry Frux

Una scala vecchia, molto vecchia,
primo piano la mia porta una casa di ringhiera, muri freddi li tocchi, stacco le mani perchè mi si raffreddano - (io ho sempre freddo) -.
Ma suonano tutti in quella casa, c'è sempre un caffe' pronto, un bicchier d'acqua...

Ora ho l'ascensore, fa sempre freddo in questa casa -
(io ho sempre freddo) -, ho il caffe' pronto, ma non viene nessuno a bere quel caffè...
Cosa è successo? Forse devo ricercare la mia casa di ringhiera, con le scale...
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Epitteto:
Ecco come sia possibile scrivere una poesia in prosa o una prosa tutta poesia.
La nostra Herry ci ha battuto in volata.
Per bravura narrativa, sensibilità interiore, profondità di pensiero.
Il passato ed il presente che si rincorrono e si saldano nell'evoluzione dei tempi.
Chi ha sufficiente esperienza per età si trova a proprio agio in queste righe.
Quando si aveva poco o niente, la solidarietà di vicinato era la connotazione corrente.
Ci si conosceva nelle case di ringhiera, ci si frequentava, ci si aiutava nel comune bisogno.
Oggi il benessere esasperato, unitamente alla tecnologia invasiva, ci ha reso individualità isolate, depresse, infelici.
Con un senso di freddo dentro, peggiore di quello climatico/ambientale di allora.
Non sono pochi coloro che ripensando alla propria esistenza optano per la nostalgia del poco, la fratellanza, il reciproco aiuto morale e materiale di un tempo.
Un testo questo in lettura di denuncia sociale, a che si cambi registro prima che sia troppo tardi, per non dare ragione all'adagio < homo homini lupus >.
Bravissima, Epitteto.
Flash
di Epitteto

Domanda: < Lei, Ministra, pensa prima di parlare? >
Risposta: < Mai, sennò perdo il filo... >.
Semplicemente micidiale, nel che ci riconosciamo tutti in misura maggiore o minore...
L’arte di tacere.
Saper tacere è il primo grado della saggezza.
<< La natura ha dato a ciascuno di noi due orecchie, ma una lingua sola perché s’abbia ad ascoltare più che a parlare >> ( Plutarco di Cheronea, L’arte di ascoltare ).
Similmente quando Padre Lamy dell’Oratorio offrì in dono al Cardinale Camus la sua opera dal titolo << L’arte di parlare >>, quest’ultimo sbottò < Certo certo, ma chi ci insegnerà mai l’arte di tacere >?

lunedì 25 settembre 2017

Restammo sempe cu ‘e piere pe terra.
I’…e ppure tant’ate!

NUN ME SFUTTITE CCHIU’!
di Carmine Barretta

‘A ggente me chiamma pueta,
vonno sfottere o nun saccio che.
Forze me cuffejeno pe ddereto…
Fanno ‘e tutto pe nun ’o fà vedè.
Sarrà ca nun hanno canusciute,
chilli pueta, chilli pueta overo,
e ppigliano ‘o primmo asciuto…
Penzanno ‘e c’’o ffa’ credere”
Ma i’ nun songo accussì fesso,
nun penzate ca c’aggio creduto.
Sulo pe n’accento circonflesso…
Fosse ‘nu masto o ‘nu saputo!?
Guardammoce ‘int’a ll’uocchie,
care amice reale e vvirtuale.
E’ inutile ca cuntate ‘sti ppapocche…
A stiente saccio leggere ‘o ggiurnale!
Uno s’è permesso ‘e dìcere: “Maestro,
vuje site gruosso, gruosso assaje”.
Embè, i’ avutaje a mana smerza…
Uno pacchero…e a isso cresemaje!
M’arrangio ‘a scrivere ‘na storia,
‘nu fattariello ca m’è succieso.
Quinne…so’ ssulo ‘nu cantastorie…
Ca dura ‘o tiempo ‘e quacche mese!
Pirciò, nisciuno se permettesse
‘e offennere ‘e Maste d’’o ppassato.
Nun me lusingo, so’ ll’urdimo d’’e fesse…
So’ consapevole…nun ssaccio ll’ate!
Carmine Barretta
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Commento di Epitteto:
Un vizio tutto italiano, forse d'origine spagnolesca.
Il Manzoni lo descrive bene: nelle grida alla popolazione
i titoli altisonanti delle Autorità aumentavano man mano che aumentava la disubbidienza civile.
Nell'illusione che il popolo bue si intimorisse a cotanta nobiltà di casta.
Così in letteratura: ad ogni schizzetto narrativo l'Autore viene nomato Maestro, Poeta, Scrittore, ecc.
Carmine evidenzia bene il malcostume da lacchè del pubblico in questo testo in vernacolo.
Con un richiamo dovuto non solo a se stesso, ma soprattutto alla massa dei lettori web che subito intravvedono in ogni scribacchino l'aureola del Magister.
Bene fa a chi pubblica proprie opere a non credere all'incenso del prossimo.
Meglio ancora ad interrogarsi nell'intimo sulla veridicità del proprio valore.
Un poco di sana modestia non può che far bene allo spirito, col che si appalesa la vera grandezza dell'uomo.
Molto bene, Epitteto.
LL’ATE SCRIVARRANNO ‘E ME
di Salvatore LAGRAVANESE

Se scrive cu’ ‘e mmane!
Tagliateme ‘e mmane
e je scrive cu’ e piere
Tagliateme e piere
e je scrive cu’ l'uocchje
Chiuriteme ll'uocchje
e je scrive cu’ ‘o core
Fermateme ‘o core,
ll'ate scrivarranno 'e me!
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EPITTETO:
Lirica dal tono allegorico intensamente veristico.
Il significato ha profondità confirmatoria.
Potete mettere a tacere il mio pensiero tagliando parti del mio corpo, tuttavia le mie idee passeranno oltre per sempre attraverso il ricordo ed il verbo degli altri.
Prendiamo Giordano Bruno, menato al rogo con la mordaccchia a che non arringasse il popolo strada facendo.
Gli fu impedito di parlare, ma la sua voce ebbe a riversarsi ai posteri chiara e potente, a scorno degli aguzzini e dei potenti del tempo.
Il vero Poeta non canta per l'oggi, ma per l'eternità.
Siddharta
Sermones super Cantica Canticorum di S. Bernardo
a cura di Epitteto

Ohimè!, perchè mi generasti madre mia, figlio dell'amarezza e del dolore?
Perchè non sono morto in vulva?
Volesse il cielo che fossi rimasto ucciso nell'utero, affinchè mia madre mi fosse sepolcro, concepito in eterno nella sua vulva.
Sarei stato infatti non concepito, passando dall'utero alla tomba.

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... e se lo dice lui...
Epitteto

sabato 23 settembre 2017

Giovanni Salvati
Ho ripubblicato sul Sito dedicato alla Basilica di Collemaggio l'esperienza vissuta nel settembre 2007 con l'amico sensitivo Eddy Seferian per ringraziarlo di questi incredibili 20 anni vissui insieme, seguendo un percorso iniziatico dall'India fino all'Aconcagua...
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Così scrive sul suo diario l'Amico citato in epigrafe.
Anch'io mi sento da sempre un sensitivo: ho la continua sensazione della mia inadeguatezza.
Epperò, come diceva il vecchio mafioso assolto per prescrizione, non mi sento circondato da giganti.
Epitteto

venerdì 22 settembre 2017

Un pò di storia
di Epitteto

La stretta di mano ha ragioni storiche.
Ai tempi significava mostrare di non essere armati e quindi con intenti pacifici.
E' noto come Stalin, nel corso delle periodiche gozzoviglie mangerecce e non ,
incrociava improvvisamente lo sguardo del gerarca di turno apostrofandolo < Tu, perchè non mi guardi negli occhi? >.
Al che il poveretto terrorizzato si profondeva in giustificazioni puerili pur di salvare la ghirba...

giovedì 21 settembre 2017

La droga letteraria
di Epitteto

Tutti siamo a conoscenza degli effetti devastanti delle droghe tradizionali ( cocaina, amfetamine, alcool, gioco d'azzardo, ecc.).
A cui oggi dobbiamo aggiungere quella tecnologica di internet: smartphone a tutta birra, computer, tablet, app e chi più ne ha più ne metta.
I social e i big data come Facebook dominano il mercato dei drogati informatici.
Gli utenti tutti che reclamano la massima visibilità personale, scrivono e leggono stronzate, entrano in crisi d'astinenza se non applauditi più volte al giorno, raccontano minuziosamente di sè come fossero gazzettini locali, intasano bacheche e diari, sputano sentenze ed aforismi ( altrui... ).
Sempre più spesso sogno ad occhi aperti un tsunami che faccia piazza pulita di tutti questi vocianti, con il video dedicato solo a cose intelligenti ed utili al sapere.
Inutilmente che il sonar del p.c. mi richiama alla lettura dell'ennesimo mona che lancia un disperato S.O.S. di ascolto...

mercoledì 20 settembre 2017


DEPRESSIONE GIORNALIERA
di Epitteto

I soliti verseggiatori pensano sempre di aver scritto l'opera del secolo.
E si circondano di una claque plaudente ed entusiasta che si esprime con striminziti < mi piace, bella, bravo, bis, ecc. >, senza andare al di là del loro naso.
E se taluno si permette di eccepire al riguardo qualche riserva, scatta subito il malumore dell'Autore che risponde piccato, con malcelata offensione.
Io non so che se ne faccia il versificatore di una corte di servi sciocchi.
Eppure costui si sente appagato, il consenso fasullo l'aiuta a superare le secche della vita, lo convince di esistere e di essere qualcuno benchè disperso in una massa vociante e indifferenziata.
Tuttavia vorrei ricordare a questi poeti di giornata che non tutte le ciambelle escono col buco, che su dieci loro creazioni se ne salva sì e no una, che più scrivono a tambur battente più si vede loro il culo.
Ora che ho detto la mia apertis verbis, schiacciate pur questo grillo parlante a suon di martellate sul web...
SIDDHARTA

martedì 19 settembre 2017



Semplicità     
 di Epitteto

Ad un parlar profondo
il semplice s'attrista:
non vuol pensier più forti
di quanto in cor comprende.

Pel suo sentir giocondo
par vano che s'insista;
per cui concetti corti,
che altro non pretende.



Il tempo del sogno
di Loretta Zoppi

Appena un sussulto all'inizio
un misto di volti , di voci...
poi un mondo a colori mi appare
con nuovi legàmi di cuori
e strane avventure d'amore.

(Lontana da problemi irrisolti,
paesaggi sconvolti e lacrime amare)
Un tocco leggero di trina
qual raggio di luna, m'invita a sognare.
Ripiego gli affanni per bene
e inizio a volare.
LZ
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Commento di Epitteto:
Gli ultimi due versi, a mò di distico, racchiudono con abilità stilistica e narrativa il senso del messaggio.
Sognare in positivo per allontanare l'impudicizia degli affanni presenti e passati.
Un pò tutti ci affidiamo allo stratagemma per superare certi pensieri parassiti che ci tormentano.
Meglio poi se il sogno persegue fantasmi anche piacevoli involgendo la fantasia della mente.
Testo sorretto da mani sapienti, come d'uso per la nostra Autrice.
Abbandono
di Alba Spina

Sulla svolta la casa è sola.
Brune mura muschiose,
tetto in bilico su travi esauste.
Cupi gli occhi bevono la luce,
sbadiglia la bocca l'abbandono.
Passando,rallento , la vedo,
un groppo mi stringe la gola.

***********************
Commento di Epitteto:
Ha richiamato alla memoria la mia casa d'infanzia, ora abbandonata, vetusta e vuota.
L'imprinting mi ricorda tempi burrascosi in stanze ampie e fredde.
Quando vi passo davanti mi si stringe il cuore.
Forse in tanti avranno un passato di mura vissute, magari con nostalgia.
Il grande merito della nostra Autrice è la chiarezza espositiva e la brevità dei versi, come pennellate sapienti d'artista.

sabato 16 settembre 2017

La semantica.

I robot ci ruberanno il lavoro, si buccina ansiosamente.
Ma saranno in grado di riconoscere le parole comprendendo la semantica, cioè il nesso del pensiero col significato delle frasi?
Per ora la questione funziona bene per la grammatica ( morfologia e sintassi ), con un'accuratezza professorale.
Mentre quando si tratta di capire esattamente ciò di cui si parla, i robot arrancano.
Ma diamo tempo al tempo, alla tecnologia tutto sarà possibile.
Non altrettanto sembra potersi dire degli umani specie in internet, che quando dialogano tra loro spesso prendono fischi per fiaschi, accapigliandosi per un nonnulla.
Epitteto

RITORNO AMARO
di Carmine Barretta

Doppo ‘a guerra, famme e ppuvertà,
miseria p’’a ggente e pp’’e famiglie.
Niente ce steva pe putè magnà…
Succedeva cu granne meraviglia.

Tenevo quinnic’anne o poco ‘e cchiù:
ê spalle ‘na famiglia numerosa.
Stevemo ‘e casa abbascio ô Sud,
addò ‘a terra nun era prosperosa.
I’ ero ‘o primmo ‘e quatto frate,
‘o cchiù piccerillo sulo tre anne.
Papà mio faceva ‘o piscatore…
‘A povera mamma mia serva a ore.
Me ‘mbarcaje cu ‘na nava mercantile,
‘nu zio mio me facette ‘na chiammata.
Sbarcaje doppo ‘nu mese in Argentina…
e ccinquant’anne llà, sera e mmatina!
Mo so’ viecchio, e ppure malridotto:
quaccuno ancora m’ha riconosciuto.
Nce nne stesse uno ca me vene sotto…
Me trattano comm’a ‘nu scanusciuto.
Allora aggio capito tanti ccose:
doppo tant’anne tuorne furastiero.
Almeno spero quanno m’arreposo…
truvarraggio ’e viecchie mie d’ajere!
Carmine Barretta
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Commento di Epitteto:
Rievocazione commovente di quando erano gli italiani ad emigrare.
In cerca di lavoro e dignità di vita, e forse di fortuna.
Umiliazioni, fatiche inenarrabili, le rimesse alle famiglie in Patria.
E poi, dopo anni e anni di sacrifici, il ritorno al paesello natìo, da sconosciuto alle nuove generazioni e solo poche fisionomie da scrutare tra i sopravvissuti nel tempo.
Ma, direte voi, tutto questo traspare chiaramente da quanto scritto limpidamente nel testo.
Già, m'accorgo della ripetizione, sed repetita iuvant per meglio ricordare.
Lirica a sfondo sociale, puntuale e coinvolgente.
Epitteto
EPITTETO: Spaziando su
“Ermeneutica della toilette”

Vi starete chiedendo il perchè di un così scomodo argomento. Eppure è proprio perchè un simile tema risulta improprio ad un’indagine filosofica che merita di essere approfondito. Il concetto di igiene affonda le proprie radici, come spesso accade per ogni argomento generico, in un sostrato mitologico. Deriva etimologicamente dalla dea Igea, che i romani importarono dalla Grecia. Igea era la figlia di Asclepio, il mitico fondatore della medicina; ella veniva tradizionalmente raffigurata nell’atto di porgere una coppa a un serpente assetato. E il veleno del serpente era noto in Grecia come phàrmakon (ricorda qualcosa?).
Igea, di Gaetano Monti, 1836.
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Il mito di Igea traccia chiaramente una connessione fra igiene e salute, una connessione non banale se consideriamo che fu stabilita qualche migliaio di anni fa. Conseguenza diretta di questa mentalità erano le terme romane, dove la cura per il corpo e la pulizia personale erano una pratica collettiva e sociale. L’amore per il corpo della società romana verrà cancellato dalla mortificazione della carne tipica della morale cattolica. Per esempio nella Lettera di San Paolo ai Galati troviamo scritto “Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna”; mentre Giovanni Crisostomo afferma “È tempo di passare al desiderio della carne. Come riusciremo a incatenare questa belva? Quale freno le imporremo? Non ne conosco altro se non l’inferno”.
Il legame fra igiene e salute suggerito dalla mitologia antica è ancor meno banale se si pensa a ciò che accadde durante il Medioevo: si diffuse la credenza che l’acqua, entrando nei pori della pelle, trasmettesse malattie e pestilenze. L’uso dell’acqua fu abbandonato quasi interamente. Escrementi ed escrezioni venivano semplicemente accumulati in secchi e in seguito gettati per strada. Il puzzo ammorbava le città, non più rifornite da efficaci sistemi fognari come accadeva nella Roma antica. Ovviamente malattie e germi si giovavano di tali fertili condizioni e si diffondevano a macchia d’olio, come accadde per la celebre peste bubbonica del Trecento.
Per ovviare agli umori corporali pestilenziali a partire dal Rinascimento si cominciò a fare ampio uso di profumi per mascherare la sporcizia. Tale usanza perdurò fino al Settecento, quando finalmente si iniziò a pensare che forse (e dico forse) era meglio reintrodurre periodiche abluzioni. A quest’epoca risale la costruzione e l’inclusione dei bagni nelle abitazioni private. Verso la metà del XVIII la regina Maria Carolina di Napoli rubando l’idea alle prostitute francesi sdoganò l’utilizzo di un “immondo strumento di meretricio” che ora siamo soliti chiamare bidet.
Il resto della storia lo conosciamo, giunge sino a noi. Ma perchè quest’indagine possa divenire filosofica, oltre che storica, bisogna aggiungere qualcosa. Secondo Freud il controllo dello sfintere rappresenta per l’uomo occidentale il primo senso di colpa, il primo senso di responsabilità, il primo impulso ad agire sul mondo, il primo impulso creativo. Come mai? Il primo senso di colpa, perchè uno sfintere senza controllo è biasimevole in una civiltà progredita e il bambino percepisce inconscia disapprovazione per la sua incapacità di controllo. Il primo senso di responsabilità, poichè quando impara a controllare lo sfintere acquisisce un senso di responsabilità che è, sempre secondo Freud, l’origine del senso morale, della distinzione fra buono (esercitare il controllo) e cattivo (non riuscire ad esercitarlo). Il primo impulso ad agire poichè l’escremento rappresenta un elemento esterno a sè, qualcosa di sgradito, da censurare (“escremento” dal latino ex+cernere, cacciare fuori; “cacca” dal greco kakà, cose cattive; “merda” dalla radice indoeuropea *mard, che indica l’orrido). Infine, il primo impulso creativo poichè nonostante l’accezione fortemente negativa, l’escremento è qualcosa che effettivamente produciamo.
Ora è interessante invece denotare alcune cose riguardo alla cultura giapponese, impregnata di filosofie naturaliste come il Buddhismo e il Taoismo. In oriente la qualità dell’igiene è attestata sin dalle prime testimonianze storiche. Le fognature e le camere adibite alla toilette, ovvero alla pulizia del corpo, sono sempre esistite, particolarmente in una società come quella giapponese. La parola kirei 奇麗 (pulito) è sinonimo di “bello” e “giusto”. Il bagno giapponese tradizionale solitamente veniva separato dalla casa attraverso un corridoio, oppure collocato vicino all’entrata, possibilmente vicino al giardino; la ceramica e il vetro, materiali luminosi e brillanti, non venivano considerati adatti. Piuttosto, venivano impiegati il legno e la nuda roccia. La sua particolare posizione e i materiali utilizzati contribuivano a creare un’atmosfera intima e raccolta, che richiamava al mondo naturale e ai suoi cicli spontanei. Il romanziere e filosofo Junichiro Tanizaki (autore del romanzo “La chiave” da cui fu tratto il celebre film erotico di Tinto Brass) scrisse nel 1933 “Rispetto agli occidentali, che considerano il bagno come un luogo sporco a prescindere ed evitano persino di menzionarlo in una conversazione educata, noi siamo molto più educati e certamente di miglior gusto”.
Un tradizionale gabinetto giapponese. Non vi fa sentire più protetti, più al sicuro?
Un tradizionale gabinetto giapponese. Non vi fa sentire più protetti, più al sicuro?
La differenza di materiali (legno/roccia contro ceramica/vetro), la differenza di atmosfera (penombra contro piena luminosità) e la differenza di collocamento (all’esterno o proteso verso di esso/al centro, teatro operativo delle funzioni biologiche), sottolinea forse una differenza culturale importante: mentre nella nostra civiltà persino l’espletamento delle funzioni organiche è subordinato a una valutazione sociale (la “responsabilità dello sfintere” suggerita da Freud), in oriente le funzioni naturali evocano, ben più comprensibilmente, il mondo naturale. Quali i motivi di tale differenza? A mio parere un ruolo chiave fu giocato in occidente dalla morale cristiana, avversatrice del corpo, della carne e della carnalità, fautrice invece del contemptus mundi, dell’esaltazione del trascendente rispetto all’immanente, dell’anima rispetto al corpo. Al contrario in oriente filosofie di ampia diffusione e penetrazione come lo yoga, il Buddhismo e il Taoismo hanno sempre concepito il corpo come un’interazione di pulsioni corporali e spirituali; senza mente il corpo è inutile, ma senza corpo la mente non può esistere. In questa prospettiva unitaria dove i forti contrasti della morale cristiana sono dissolti, le funzioni corporali non sono nulla di cui vergognarsi, nè qualcosa per cui sentirsi responsabili: è semplicemente il flusso della natura che scorre e si manifesta attraverso di noi.
La maggiore "freddezza" e razionalità del bagno occidentale.
La maggiore “freddezza” e razionalità del bagno occidentale.
Questo spiega anche perchè da noi la toilette si svolge in pochi minuti, mentre un recente sondaggio afferma che circa l’80% dei giapponesi resta in bagno almeno mezz’ora per “perdersi nei propri pensieri” (32,59%), “cantare” (9,71%), “leggere” (22,32%), “ascoltare musica” (7,48%), “dormire” (4,85%).
In conclusione, nella nostra cultura la toilette è, come spesso si dice, un’urgenza: un bisogno impellente da soddisfare immediatamente e nel giro di pochi minuti. In oriente ha una dimensione più meditativa ed intensa, non limitata alla semplice espletazione delle funzioni corporee. Soprattutto, persino attraverso l’interpretazione della toilette possiamo cogliere retroattivamente alcune caratteristiche essenziali che ci caratterizzano storicamente e quindi (inevitabilmente) anche come individui: la vergogna della corporalità, la necessità di limitarla da un punto di vista sociale, il bisogno di esercitare un pieno e funzionale controllo sulla natura, anche quando si tratta della nostra natura. Ancora una volta sembrano echeggiare le parole di Schopenhauer, Nietzsche, Freud: sembriamo animati da una volontà di potere che si esprime selvaggiamente attraverso l’illusione di un ego a cui vogliamo credere, e che è in realtà il frutto di determinate condizioni storiche, sociali, culturali. Anche alla toilette.
( font: internet )
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*Roberto Rubrus Rossi:
L'anonima fonte (internet?) è imprecisa e perpetua una falsa credenza e cioè che nel medioevo dell'Europa Occidentale la gente si lavasse poco. In realtà non è vero. Certo, il sistema fognario romano, come quello viario, si era ridotto, ma la gente si lavava ancora con una certa frequenza. Per esempio,nella sola Parigi, nel 1292, c'erano 25 sale da bagno pubbliche per 250.000 abitanti. [fonte http://www.mondimedievali.net/Medicina/altomedioevo49.htm; v. anche http://www.perinijournal.it/.../Corpo-e-igiene...; v. anche http://www.humanitasalute.it/.../4431-medioevo-rozzo-e.../]. Un esempio illustre di appassionato dei lavacri è Carlo Magno, che amava, tra le altre cose, il nuoto (e si era fatto costruire una piscina) I "secoli puzzoni" iniziano con - paradossalmente - i primi passi della scienza moderna. Nel XVI e soprattutto nel XVII secolo, e anche dopo, i medici sconsigliavano di fare il bagno, che era considerato dannoso per l'organismo. L'uso di parrucche e l'industria dei profumi conobbero un boom anche per questa ragione. L'idea che lavarsi fosse pericoloso sopravvisse a lungo. Ancora nel XIX si consigliavano "bagni di vapore" e saune presentati come "più salutari" rispetto al bagno in acqua.
Medioevo e medicina, pag. 49: Approfondimenti e curiosit: l'igiene
Approfondimenti e curiosità
mondimedievali.net
**Epitteto Eubulide:
Come sempre le tue precisazioni sono puntuali e integrative: non c'è mai un limite ad imparare.
Il pezzo postato è verosimilmente di Rudi Capra, forse tratto dal suo romanzo < Memorie d'Ombra >.
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giovedì 14 settembre 2017

Nulla è cambiato.
di Epitteto

Ai tempi del Re Sole ( Luigi XIV, 1638-1715 ) molto ambita era la carica di gentiluomo della < seggetta >, l'antenata del water.
Consentiva all'investito di approfittare del rilassamento del sovrano per chiedergli dei favori.
Nel mentre, finita la bisogna, lo ripuliva degli escrementi con morbidi fiocchi di cotone.
I tempi son cambiati, ma non l'abitudine di leccare il culo ai potenti di turno per ingraziarseli a proprio profitto.
Mutatis mutandis ( anzi < mutate le mutande > ), anche i tanti ringraziamenti reciproci fra poeti in web celano l'inveterata abitudine a scambiarsi complimenti a vicenda in vista del proprio turno a pubblicare...
UNA BREVE TREGUA
di Teresa Frasca

Ricordi antichi
e pensieri presenti
come crepe sui muri
e cocci di vita.

Andare via, fuggire lontano,
nascondersi, ma dove?
Rutilano nel buio
saette di luce
increspando
i marosi notturni.
Oscure presenze s’incarnano
cercando ghermire
i sensi vigili.
Morfeo emerge spumoso,
come sempre,
con le sue onde silenti
annienta e sradica
ogni stringente appiglio
nell’oblio della vita.
Una breve tregua.
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EPITTETO
No, non è possibile sfuggire al presente ed al proprio passato.
Quest'ultimo è quello che ci tormenta di più perchè senza speranze e vie d'uscita.
Prima di addormentarci una ridda di incubi s'appressano alla memoria, mentre con tutte le forze cerchiamo di allontanarli.
A volte non ci basta nemmeno una camomilla.
Perchè ti agiti, sussurra spesso la mia adorata Santippe sul punto di addormentarsi.
Ma nemmeno Morfeo sovente è da meno: sogni terrei e ricorrenti la fanno da padrone.
E un poco mi adiro: perchè, dicono i neurocognitivi, tutto si gioca nel cervello, in un piccolo spazio prefrontale, tra milardi di neuroni e sinapsi agitati...
E per fortuna che i nostri sogni non sono per niente premonitori, come sovente nella Bibbia e nei poemi omerici...
Una breve tregua, canta la nostra Teresa.
Ma forse non è così, veglia e sonno in continua agitazione.
La poetica in lettura è perentoria: non possiamo fuggire e quand'anco dove?
Lo stile è quello tipico della nostra Autrice, un modernismo verniciato di saggezza esistenziale.
Molto bene, Siddharta.

mercoledì 13 settembre 2017

'A SCENEGGIATA
di Damiano Lentisco

Cosa racconteranno ai posteri
degli ultimi trent'anni, i libri?
Dove son le gesta, chi son gli eroi?
Cosa mai potranno dir di noi?
Di eroico, niente, il resto è sconveniente,
a parte qualche sceneggiata,
ma senza Merola e na buffonata.
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Epitteto Eubulide:
La facciata del palazzo della Civiltà del lavoro all'EUR di Roma recita:
< Italiani popolo di santi, poeti, navigatori, artisti, colonizzatori,e trasmigratori >.
Su suggerimento pare di Mussolini.
Non si parla di eroi, che d'altronde non necessitano ad una Nazione civile e democratica.
L'era presente passerà alla storia come fase transeunte, senza lode nè infamia.
Poi il meticciato cambierà tutto.
Indifferenza.
di Alba Spina

Reclini la chiomata corolla,
pallido anemone selvatico.
Estenuato dalla foga del sole,
guardi la terra arida,
nè speri più di rivedere il cielo.
Anche la pioggia ignora
la tua rassegnata pazienza.

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Epitteto:
Al pari della fotografia, anche la poesia talora sa cogliere istantanee con l'occhio attento del suo Autore.
Nel primo caso con tempi di posa inferiore a 1/20° di secondo.
Nel secondo in attimi che necessitano di archiviare, per poi esplodere nei ricordi con insistenza, quasi petulanti.
Alba, cantautrice della natura sia in paesaggio che in filigrana, ma sempre attenta ai particolari che ne esaltano la memoria.
Sicilia, terra fisicamente siccitosa, dove anche un fiore sa piegare con rassegnazione alla calura, e pur con interna vitalità resistere in attesa delle gocce ristoratrici.
Non so se qui si può parlare, giusto il titolo, di indifferenza reciproca delle spinte vitali, quando il creato nella sua essenza terrena pare invece pulsare per integrazioni e interdipendenze misteriose e silenti.
Splendida/mente, Orazio.
NNANZ’O FFUOCO
-di Pietro ZURLO-
***
Quann’o vierno, staje nnanz’o fuculare
’ntramentre fora chiove e mmena ’o viento,
cuntento tu t’assiette e lla te pare
che ’a vita toja è senza ’nu turmiento.
***
E te ’ncante, vedènno a chella sciamma
c’ogni tanto te fa comme ’nu schiuoppo;
assettata cuntenta sta ’na mamma
c’’o figlio ca lle stà ncopp’e ddenocchie.
***
E’ n’incanto stu ffuoco pe’ chist’uocchie,
mentre cunzumma ’e piezz’e d’ ’o lignammo;
ca quanno è vverde pare ca nce chiagne,
mmece c’ ’o ssicco è ssubbeto una sciamma.
***
Chianu se squaglia ’o sango r’int’e vvene,
p’ ’o calore d’’o ffuoco chiù sincero;
e te vene p’ ’a mente ’nu pensiero:
quanno facive a ggiovane all’ammore.
***
’O lignammo s’appiccia e sse cunzumma,
doppo, nu poco…cénnere addeventa;
pienze che ’a vita passa comme niente:
comme suonno, ca vene e sse nne và.-

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Epitteto Eubulide:
Splendida lirica dal sapore domestico.
Ogni quartina richiama immagini veristiche dalla semplicità coinvolgente.
Il fuoco del caminetto è tutto: calore, emotività, ricordi, pensieri, l'alfa e l'omèga della vita.
Il tratto leggero dell'Autore scorre veloce e penetrante, da osservatore attento e sensibile.
Anch'io ci ho un camino alla vecchia, di quelli che sparano cenere e scintille.
Una compagnia irrinunciabile lungo l'inverno.
E quante memorie allo scoppiettare delle braci!
Bravissimo, come sempre,
Epitteto.

lunedì 11 settembre 2017

Avviso ai naviganti
di Epitteto

I cantanti lirici avveduti e di successo sono quelli che non danno fondo a tutta la loro potenza canora, cioè il capitale, ma imparano ad amministrarla con intelligenza puntando cioè sugli interessi.
Altrimenti a trent'anni sono belli che scoppiati!
Similmente i veri scrittori e poeti non sono quelli verticali ma orizzontali.
Narrano e cantano cioè degli altri e di ciò che li circonda.
Il sè narrante autobiografico col tempo tende a ripetersi, diventa stucchevole e alla fine non dice più niente di nuovo.
Seguite il mio consiglio, Amici carissimi, riciclatevi in orizzontale...
E chissenefrega...
di Epitteto

Malattia, ria consorte,
mi tormenta giorno e notte.
Ma lo spirto quieto e forte
non si piega e se ne fotte.

domenica 10 settembre 2017

L'INCONSCIO
di Epitteto

Secondo le scienze cognitive i nostri cinque sensi passano per il cervello, i cui neuroni e sinapsi certificano il mondo esterno e financo la nostra coscienza ( sentimento del sè, ecc. ).
Due chilogrammi e mezzo di materia grigia in grado di gestire l'intero corpo e l'Universo tutto.
E' chiara quindi l'inesistenza del libero arbitrio, retaggio vetero cristiano, costretti come siamo a muoverci secondo la centralina cerebrale.
Di cui, oggi dicono i neuroscienziati, sappiamo meno di quanto si sapeva decenni fa.
Perchè quest'area si apre sempre più misteriosa quanto più ci si inoltra nel suo studio e ricerca.
Al pari dell'astrofisica.
Una memoria inconscia che ci consente di vivere e sopravvivere in natura come specie ed individui.

sabato 9 settembre 2017

La profezia
di Epitteto

Come già detto altrove, la profezia dei tre giorni e due notti di buio sulla Terra di Ildegarda and company prevede la distruzione dei tre quarti dell'umanità grazie a sommovimenti tellurici e violenze climatiche ( alla luce odierna potrebb'essere una tempesta di bombe nucleari... ).
Si salverà solo chi, tappatosi bene in casa con porte e finestre robuste, pregherà e terrà accese candele benedette che non si spegneranno mai malgrado la lunga forte bufera.
Anzi, meglio premunirsi di un attestato autenticato da un sacerdote che questa o quella casa sia stata consacrata al sacro cuore di Gesù e di Maria, giusti i poster messi ben in vista alle pareti.
Quivi i diavoloni incazzati si asterranno dall'entrare e buttare tutto all'aria, peggio ad ammazzare gli inquilini.
Della serie < ogni giorno nasce un cucco, sempre e solo mammalucco >.
Certo che queste mistiche/i dovevano soffrire di forti disturbi della personalità, aggravati dalle rinunce e dai tormenti autoinflittisi.
Vuoi vedere che i tre cicloni in atto sull'Atlantico siano un'anticipazione della profezia?

venerdì 8 settembre 2017


Com'è sto fatto?
by Epitteto

Commento di Letizia Vaioli:
 Letizia Vaioli Sta così: 77+40 fa 117. Lascia perdere le centinaia e prendi il 17, che è l'anno in cui siamo. Se da questo togli la tua età ottieni l'anno in cui sei nato. L'anno prossimo ci sarà 78 al posto di 77 e il giochino sarà sempre attuale. Grazie e buon pomeriggio!
IL PORTACHIAVI
di Rita Iacomino
È stato facile fare breccia nel cuore,
due rose rosse
e buon compleanno “amore”.
Parole dettate dal tempo
dove la luce ruba spazio al buio.

Effimera felicità,
forse arriverai domani,
un po’ velata di amarezza e illusione.
Ma ora siamo qui,
con le mani che faticano a staccarsi
e sapore di miele sulle labbra.
Ogni momento è un dono,
l’amore non chiede nulla,
solo amore.
E mentre cammino in riva al mare,
la mia mano stringe forte il tuo regalo:
un portachiavi rosa. ed il ricordo.
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Epitteto:
Una relazione clandestina?
Beh, non è dato sapere, ma solo intuire.
Certo si è che il gusto del proibito, gli incontri distanziati, l'ansia del ritorno giocano alla grande nella passione travolgente dei sensi.
Intanto l'io narrante, in questo ed in altri componimenti, accenna velatamente al mistero dei feromoni epidermici e delle papille gustative.
Segnali biochimici all'amato/a che rendono particolarmente appetibili gli amplessi amorosi, tanto da esaltarne la ricerca
ed il ricordo.
Poi, al solito, la particolarità di gender: Gaspara Stampa, Vittoria Colonna, Veronica Gambara, Isabella Morra, Veronica Franco, ecc. fino ai modernisti e contemporanei, tra cui la nostra Rita.
Tutto uno spasimare sentimentale per il proprio innamorato, spesso lontano e/o distante affettivamente.
Forse non qui, dove le rose rosse ed il portachiavi del cuore segnalano un vincolo sentimentale duraturo al di là delle vicissitudini logistiche.
Ancora una volta una lirica appassionata e sincera senza ridondanze stilistiche.
Ottima/mente, Siddharta.
ALTRE DIMENSIONI
di Epitteto

* Per taluni tratti della vita a molti è capitato di aver capacità mediatiche, di sentire la presenza dell'Aldilà.
Forse una mera suggestione, ma iperpotenza sensoriale nei meandri oscuri della psiche umana.
Voci e impulsi incontrollabili, fino a gesti estremi.
Misteri di neuroni e sinapsi inceppati, che intraprendono strade traverse della ragione e cammini alterati dell'essere.


** Dopo aver speso una vita in forti imprese e coltivato grandi ideali, la solitudine ci attende nell'ultimo tratto di cammino.

giovedì 7 settembre 2017

Limoni
di Alba Spina


Ride, radiosa, sui gialli frutti
la luce.
Passa il vento, freme lucida
la fronda.
Dolce, amara fragranza rapisce
i sensi.
L'ape, irretita, corteggia avida
le zagare.

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Commento di Epitteto:
Forse inconsciamente un haiku, i cui canoni parrebbero esserci tutti...
Difficile la conversione della mentalità occidentale alle sensazioni purificatrici della natura, quasi una meditazione interiore.
Troppo rumore, celerità dei ritmi quotidiani, superficialità del nostro tenore di vita.
Le poesie come questa sono una forma di educazione intimistica che esige un lungo allenamento e tirocinio, quasi mistici.
Rapiti di fronte a spettacoli anche minimali del mondo naturale.
Una sorta di sfida per i lettori di Alba.
Epitteto Eubulide
La Poesia criptica
di Epitteto

Con un pò di buona volontà si può superare ogni ostacolo comunicativo.

Ricordo il ministro degli esteri Moro, un campione di oscurità politica: parlava per un quarto d'ora senza che si capisse cosa mai dicesse.
All'università le mie dispense chiarifica
trici dei luminari oscurantisti andavano a ruba e ci facevo dei bei gruzzoletti...
Nella letteratura modernista le cose sono ancora peggiori:
Troppi Autori se la ridono a crepapelle nel raggirare i lettori con quiz rompicapo ed enigmi da sfinge.
Comunque l'obbligo di essere misterioso non l'ha prescritto il dottore.
I risultati falsati dalla scelta di seminare dubbi si vedono: cantonate a non finire.
Ma io mi vendico: insisto a commentare con quel che m'è parso di capire e mi autoassolvo!
Il ronzìo
di Epitteto

V'è chi sperimenta una fede religiosa autentica, pur abbisognando di surrogati.
Lui crede veramente in Dio e ogni tanto ne sente ronzare la voce.
Si inginocchia davanti ad una icona, non importa quale, attribuendole importanza spirituale.
Dimentico del precetto dell'Antico Testamento < ... non ti farai nessun idolo di nessuna forma, nè figura di uomo e di donna, d'animale, d'uccello di bestia che striscia sul suolo, nè di pesce.
Non adorare il sole, la luna, le stelle e tutti gli astri del firmamento >.

martedì 5 settembre 2017


Senza titolo
di Sara Pellegrino

Di solitudine in solitudine
ho esplorato il vento acre di settembre
spento la luce sul binario morto
gettato un sogno dal precipizio.
Poi è venuta la sera
l'odore della notte a stirare i pensieri
a raccontare sottovoce desideri sopiti
piccoli spazi tra la rete e il blu.
tu menti e non ti accorgi
che di noi restano ombre sparse
come impronte precarie e giovani canzoni.
Non ricordo che la pioggia
e il tuo incedere lento
in quel mattino capriccioso
denso di foglie e di speranza

********************************
*Epitteto Eubulide:
La solitudine è la condizione assoluta a cui siamo condannati.
Si nasce, si vive, si muore soli.
In amore le convergenze parallele sono un'illusione: non ci s'incontrerà mai!
L'innamoramento è un'astuzia provvisoria della natura a fini generazionali.
In pratica le due metà non combaciano, non si comprendono, anzi si respingono.
Talora si odiano.
Diciamocelo chiaro: una bella rompitura il rapporto sentimentale, pieno di ostacoli e di perdita di tempo.
Certo, per capire queste cose occorre la saggezza dell'età.
L'io narrante della poesia è ancora in cerca disperata, frustrato dalla delusione, e affida il suo tormento a parole e immagini sofferte.
Però attenzione, a che la condizione di disagio non diventi eterna geremiade.
Altrimenti si scadrebbe in uno stato di perenne depressione, scambiata per lamentazione di piacere.
In fin dei conti anche il masochismo ci ha il suo ruolo...
Esteticamente i versi si presentano chiari ( a miracol mostrare! ), scorrevoli, non soverchiamente metaforizzati.
Al solito il modernismo reclama l'oblio delle virgole...
Ottima proposta.
Senescente/mente, Diofanto.