Parla con il mio chatbot: come funziona (e come si crea) un assistente virtuale
Mentre si diffondono, dai social alle banche, i programmi di
intelligenza artificiale per interagire con gli utenti, aumentano i
servizi per programmarli. Li abbiamo provati
Una scena del film “Her”, 2013
L’onda lunga delle chatbot sta infine travolgendo la Rete. Lo
capisci quando ti accorgi che creare un programma per chattare in
automatico con qualcuno - per fare da assistente virtuale al tuo posto -
è un’operazione da dieci minuti e zero conoscenze di programmazione.
Dove non bisogna immaginarsi però sofisticate intelligenze artificiali
in stile film di Spielberg, bensì un lavoro certosino di progettazione
di una serie di percorsi, con domande e ventaglio di possibili risposte,
a fare da snodi. Il risultato è modesto ma alla portata di tutti.
CHATBOT FAI-DA-TE
Negli ultimi mesi sono infatti comparse una serie di piattaforme
online per costruirsi da soli il proprio bot - un programma in grado di
fare domande agli utenti, raccogliere loro informazioni e a sua volta
rispondere ad alcune delle loro richieste - per poi incorporarlo sul
proprio sito, o su Facebook Messenger, o su altre applicazioni di
comunicazione quali Slack.
Una di queste è
Motion AI,
un servizio di un’azienda americana che permette di creare e
implementare un chatbot su vari canali, che si tratti di un sito web,
una app di messaggistica o l’email. L’approccio alla costruzione del bot
è visuale: si progetta l’albero o il flusso della conversazione che si
vuole avere, ovvero delle informazioni che si vogliono dare o ricevere,
attraverso dei blocchi (moduli) da collegare assieme. Ogni interazione
del bot corrisponde a un modulo, un pulsante da cui configurare il tipo
di domanda/risposta: si scrive la domanda, si decide se si prevede
dall’utente una risposta secca del tipo sì/no o a scelta multipla, si
creano biforcazioni a seconda della risposta ricevuta. La parte più
delicata è concatenare i moduli, i passaggi logici tra una replica e la
domanda successiva, insomma i nodi della conversazione - chiamate
connessioni. La Stampa lo ha testato e ha creato un semplicissimo bot di
esempio (che potete vedere su questa pagina in basso a destra).
Rebotify - lanciato
da una azienda australiana - usa un sistema simile per costruirsi un
bot, anche se la parte di interfaccia, l’editor per farlo diciamo, è
meno intuitiva. E lo si può trasportare pure su WeChat, la più popolare
app cinese di messaggistica. Mentre
MindIQ.in
- lanciato poche settimane fa da un’azienda indiana - permette di
creare un chatbot solo per Facebook Messenger “in pochi minuti e senza
esperienze di programmazione”. Il servizio è rivolto ad aziende con
pagine Facebook che intendano usare il bot come un aiutante per
interagire coi clienti, dalla prevendita alla successiva assistenza. E
infatti la piattaforma integra anche canali di pagamento come PayPal.
Perché gli assistenti virtuali hanno sempre una voce femminile? (Parlangeli)
I BOT SONO LE NUOVE APP?
È la democratizzazione dei chatbot. Che di per sé non sono una
novità, ma è nuovo il modo in cui ora sono utilizzati. Per capire il
fenomeno bisogna però fare un passo indietro e vedere lo scenario. L’uso
delle app è in declino, e tuttavia
il 75 per cento degli utenti di smartphone passadel tempo almeno su una fra le app di messaggistica. Che raccolgono ormai un numero di utenti attivi superiore rispetto
agli stessi social network.
E qui entrano in gioco i bot, che possono essere infilati dentro a
queste app che danno un accesso diretto e prolungato agli utenti - come
Messenger o Slack - per veicolare servizi, informazioni, prodotti,
giochi, o per raccogliere dati. Insomma, per fare, sotto forma di
conversazione, quello che prima si faceva con una app dedicata. Devo
prenotare un biglietto aereo? Apro Messenger e interrogo in chat il bot
di SkyScanner. Voglio le previsioni meteo? Apro la chat, sempre su
Messenger, e chiedo al bot Hi Poncho. Su
Botlist.co
si trova una lista di bot divisi per argomento, attività e piattaforma.
Del resto, lo aveva detto mesi fa anche l’ad di Microsoft, Satya
Nadella: “I bot sono le nuove app”. E il futuro sarà fatto di
interazioni umano-bot, ma anche assistente digitale di umano con bot di
azienda e via dicendo.
Già oggi ogni attività commerciale con una presenza sui social e su
app di messaggistica può utilizzare dei bot per avere conversazioni
bidirezionali con gli utenti, per quanto limitate. E per raccogliere i
loro dati, sfruttando proprio la naturalezza di interazioni con un tocco
umano. Qualcuno paragona i chatbot attuali ai primi siti web - sono
ancora molto elementari, ma hanno enormi potenzialità, anche
inesplorate.
BANCHE E SPERIMENTAZIONI
Proprio in questi giorni Ibm ha annunciato un accordo con la Royal
Bank of Scotland per inserire un bot nel suo attuale servizio di webchat
in grado di rispondere alle domande di assistenza dei clienti della
banca di Scozia - almeno a quelle più semplici. Ma in futuro l’idea è di
aggiungere una funzionalità capace di comprendere anche la reazione del
cliente – il suo stato d’animo – e modificare il tipo di risposte e
azioni.
La tecnologia su cui si basano i bot può essere più o meno avanzata,
così come i database cui attingono o il fatto che possano o meno
imparare dal comportamento degli stessi utenti. E tuttavia non sempre la
loro versione più sofisticata ha dato grandi risultati,
come accaduto con Tay,
il bot di Microsoft basato su intelligenza artificiale che doveva
imparare anche dalle interazioni con gli utenti su Twitter, e che da
questi ha però assimilato il peggio (frasi razziste ecc) al punto da
dover essere disattivato dopo poco tempo.
IL FASCINO INDISCRETO DELLA CONVERSAZIONE
A rendere ancora più intrigante la formula della conversazione sarà
l’uso di interfacce vocali, alla Siri, l’assistente dell’iPhone. Pochi
giorni fa
Google ha lanciato il suo Google Home,
un apparecchio che riceve comandi vocali attraverso l’assistente Google
Assistant. Per rendere Assistant più interessante, l’azienda ha
coinvolto nella sua progettazione autori e scrittori della casa di
produzione Pixar, o della testata satirica The Onion. E già c’è chi
intravede nel modello basato su conversazioni di sapore personale un
ulteriore sfondamento delle resistenze degli utenti a non divulgare
troppe informazioni su di sé.
Le combinazioni e applicazioni di queste diverse tecnologie possono
essere molto varie. Prendiamo il caso delle elezioni americane. Troviamo
FutureStates.com
che ti fa chattare con bot che rappresentano le posizioni politiche di
Hillary Clinton e Donald Trump, estrapolate da discorsi, interviste e
dibattiti. Oppure, molto d’effetto, il sito
Ask Hillary and Donald,
che ti consente di fare domande a voce ai due candidati. E loro, cioè
dei bot che li rappresentano, risponderanno, sempre via audio, sulla
base di interviste o apparizioni registrate.
( da < La Stampa Tecnologia >, by Epitteto )