domenica 17 aprile 2016

Ecco la VR vista “dal basso 10/04/2016 di Simone Arcagni I vertici di Oculus Rift già l’anno scorso ci avevano avvisato: non è detto che sia il game il contenuto “forte” della VR, potrebbe essere il cinema. Contemporaneamente si inaugura Oculus Story Studio, ramo produttivo nato proprio per sondare le possibilità di storytelling per le esperienze virtuali immersive. Un primo scorcio di cosa si sta muovendo in ambito “cinematografico” lo abbiamo già avuto al Sundance Film Fest e al festival Tribeca, mentre si iniziano a moltiplicare le manifestazioni che mettono al centro contenuti di VR anche cinematografici, l’ultima in ordine di tempo è stato Kaleidoscope, festival itinerante promosso da alcuni player tecnologici. Tutto ciò mentre ad Amsterdam è stata inaugurata la prima sala per VR, una struttura che riunisce un pubblico a cui viene consegnato l’headset e uno slot di esperienze VR. Ma la vera notizia da questo punto di vista è che a Parigi a giugno ci sarà il primo festival cinematografico per la VR. Si tratta quindi di un mondo in movimento… bisogna capire però di che cinema stiamo parlando e se si può ancora parlare di cinema. Forse sarebbe meglio chiamarle esperienze narrative immersive. Ambienti da esplorare con lo sguardo, che in qualche modo si ricollegano alle esperienze ottocentesche dei panorami e dei diorami. Visioni da esplorare in ambienti diegetici a 360° in cui il punto di vista che costruisce la storia è quello dell’utente e non del regista, recuperando anche una dimensione teatrale che il cinema invece ha sempre più abbandonato alla ricerca di un proprio personale linguaggio espressivo. Si va a ripescare, in qualche modo, la materia visiva da cui prende le mosse il cinema che nella sua preistoria si costruiva proprio come esperienza emotiva di panorami e visioni “immersive”, seppure realizzate tramite proiezioni. Ecco che allora si può tracciare un legame con quelle esperienze, potenziate dalle tecnologie e, soprattutto, riportate a modelli di fruizione a noi più familiari come quella individuale e mobile… a partire dal Walkman si può tracciare una vera e propria storia dei media mobile che ora con gli headset dei VR potrebbe condurci alle soglie di un cinema ubiquo e altamente spettacolare da fruire nei tempi e negli spazi che ogni utente desidera… alla fine basta un caschetto o un cardboard e uno smartphone! Inoltre la VR eleva la qualità di quei caratteri che l’utente dei media digitali ormai esige: la visione individuale, la fruizione interattiva e quella immersiva. L’esperienza della VR non si configura nei modi tipici del film, della TV e del videogame, è un ibrido, un’esperienza, appagante, spettacolare e “facile” (l’ingresso è davvero semplice, l’accesso intuitivo e le interfacce sempre più “naturali”). Le regole a cui – almeno per il momento – questo cinema deve sottoporsi sono, per esempio, la brevità: difficile “sopravvivere” a 2 ore di film in VR! Ma le potenzialità narrative sono molte, seppure debbano essere abbandonate le rassicuranti convenzioni del punto di vista e del montaggio (che deve per forza essere minimo): si va dai documentari come quelli realizzati Felix & Paul, due dei quali (“Inside Impact: East Africa” e “Inside the Box of Kurios”) sono stati nominati per i Daytime Emmy Awards… fino alle anime e all’animazione (“Dear Angelica”), l’horror (“Catatonic” presentato a South by Southwest), e persino il porno: la notizia della nascita del canale 360° di Pornhub rilancia infatti questo genere, da sempre particolarmente attento alle innovazioni digitali. Dopo le gesta performative sotto gli occhi vigili di droni e con filmati in prima persona realizzati con indosso (solo?) i Google Glasses e che hanno dato origine a nuovi generi… ecco che la VR si appresta a divenire un’esperienza ancora più totale nel variopinto mondo del porno. Si sperimenta anche la serialità che si candida ad essere uno dei traini dell’audiovisivo VR. Nella serialità la brevità è un valore e non un limite, e si potrebbero costruire storie più complesse semplicemente moltiplicando gli episodi e le situazioni narrative collegate. Ci sono già webserie in VR come “MY 360″, realizzata per la piattaforma di Samsung Milk VR. Il successo dei video a 360° su YouTube e su Facebook ci invita a pensare che probabilmente molto “cinema” passerà dai video social… video seriali, videoclip, documentari, diari, video corporative e user generated content (i costi di un’attrezzatura quasi professionale per girare in VR sono davvero abbordabili). Le piattaforme social potrebbero essere davvero il luogo dove si sviluppa e si sperimenta un audiovisivo VR che non dovremmo chiamare “cinema” ma “esperienze cinematiche”. Simone Arcagni Studioso di nuovi media e professore associato all'Università di Palermo

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